Una questione di pane per l'87° Distretto by Ed McBain

Una questione di pane per l'87° Distretto by Ed McBain

autore:Ed McBain [McBain, Ed]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mndadori - I Classici del Giallo
pubblicato: 1995-05-14T16:00:00+00:00


8

Quando Hawes arrivò a Diamondback erano quasi le sei. Due autoradio erano parcheggiate davanti alla casa, le luci rosse che ruotavano e lampeggiavano. Due agenti di pattuglia, uno bianco e l’altro di colore, erano fermi sui gradini d’ingresso e tenevano d’occhio la folla che si era radunata lì davanti per godere uno dei tanti spettacoli estivi all’aperto. In una delle due autoradio c’era seduto un poliziotto in borghese, il distintivo appuntato sul taschino della giacca, il microfono in mano, la portiera aperta, un piede posato sulla cordonatura del marciapiede. Hawes chiuse la sua macchina, poi, mentre si avviava verso l’edificio, appuntò alla giacca il suo distintivo. Salì i gradini, si fece riconoscere dal primo poliziotto e disse: — Ho fatto chiamare io il pronto intervento. Allora, che cos’è successo?

— La donna del sesto piano è ridotta male — disse il poliziotto. — Sta arrivando l’ambulanza.

— Chi c’è di sopra?

— Quelli dell’altra autoradio, Lewis e Ruggero, e l’agente investigativo Kissman della Narcotici. È stato lui ad arrivare qui per primo. Ha buttato giù la porta, ma quelli se l’erano già filata. Devono essere stati più di uno. L’hanno proprio conciata male.

— Chi è quello che sta parlando al microfono?

— L’agente investigativo Boyd dell’Ottantatreesimo.

— Digli che mi troverà di sopra, d’accordo? — disse Hawes, ed entrò.

Al quinto piano venne fermato da uno degli agenti della seconda autoradio. Hawes si fece riconoscere e proseguì fino al sesto. L’agente di guardia davanti all’ingresso dell’appartamento 6 A diede un’occhiata al distintivo di Hawes e lo lasciò passare senza dirgli niente. Elizabeth giaceva svenuta sul pavimento della cucina, vicino al tavolo. I vestiti della ragazza erano strappati e sporchi di sangue, la bocca era aperta, e le gambe piegate sotto il corpo in un angolo innaturale rivelavano chiaramente di essere rotte. Seduto al tavolo, un uomo in giacca di lana marrone stava parlando al telefono. Quando Hawes entrò, l’uomo alzò la testa, fece un cenno di saluto e poi disse nel ricevitore: — Non ne ho idea. Sono piombato dentro perché pareva che si fossero scatenati tutti i diavoli dell’inferno. — Ascoltò un momento, poi disse: — C’è tutto, dalla telefonata in poi. Bene, ci sentiremo più tardi. — Depose il ricevitore, si alzò e andò verso Hawes con la mano tesa. Era alto, magro, la faccia angolosa, e l’atteggiamento calmo e disinvolto. Come gli altri poliziotti portava il distintivo appuntato nel modo più visibile, nel suo caso sul lato sinistro della giacca di lana, proprio sopra il cuore.

— Sono Martin Kissman della Narcotici — disse.

— Cotton Hawes, dell’Ottantasettesimo — disse Hawes, e strinse la mano di Kissman.

— Ah — disse Kissman. — Così sei tu, Hawes, eh?

— Sì, perché? — disse Hawes, perplesso.

— Avevo intenzione di chiamarti, oggi, non appena smontato di servizio. Abbiamo messo noi sotto controllo questo appartamento, e io ero addetto all’ascolto.

— Capito — disse Hawes. — Allora hai ricevuto il mio messaggio?

— Forte e chiaro. E ho anche sentito la conversazione che hai avuto con la ragazza la seconda volta, dopo che hanno ammazzato Harrod.



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