Viaggi e profumi by Gianni De Martino & Luigi Cristiano

Viaggi e profumi by Gianni De Martino & Luigi Cristiano

autore:Gianni De Martino & Luigi Cristiano [Martino, Gianni De & Cristiano, Luigi]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Urra
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


1. Cfr. Le Monografie tedesche (Vol. IV), a cura di Rocco Longo, Studio Edizioni, Milano, 1996.

2. Claudio Risé, Il maschio selvatico, Red edizioni, Como, 1993.

3. George H. Dodd, Steve Van Toller, Fragranze, a cura di Pinni Galante, Edizioni Aporie, Roma, 1997.

Fanciulla che versa profumo in un’ampolla (pittura di Casa della Farnesina, a Roma)

CAPITOLO 7

Italia – Profumi e unguenti della Pompei antica

Rose, gigli, foglie di basilico e di mirto, resine, radici, semi aromatici e succhi oleosi ottenuti dalla spremitura di olive verdi (omphacia) e dai frutti acerbi della vite (agresta) erano gli ingredienti base dei profumi di duemila anni fa fabbricati nelle botteghe rinvenute nell’antica città di Pompei. In Campania, dove i principali centri dell’industria dei profumi erano Capua e Napoli, anche Pompei era molto attiva nella produzione di essenze odorose: lo testimonia la presenza di numerose botteghe e officine (tabernae e officinae) che la lava ha fermato e conservato nel tempo. Architetture, pitture, iscrizioni e, più recentemente, una maggiore conoscenza della flora e della botanica antica, attestano un uso delle piante frequente in ogni sfera del vivere quotidiano. Al mondo vegetale, usato per fini alimentari, tessili, religiosi, attingeva anche l’attività cosmetica e curativa di farmacisti-farmacopoli, erboristi-rizotomi, olearii e unguentarii, ovvero i “nasi”degli antichi romani.

Non essendo ancora diffuso il processo di distillazione forse già conosciuto cinquemila anni fa nella valle dell’Indo, ma riscoperto e introdotto dagli Arabi in Europa solo nel Nono secolo d.C. il profumo antico differisce notevolmente da quello moderno, per la sua base costituita da grasso animale e olio vegetale, da cui il nome latino unguentum.

“Due sono gli elementi utilizzati nella fabbricazione del profumo”, scrive Plinio, “il succo e l’essenza: il primo, in genere, consiste nei vari tipi di olio, la seconda negli odori; nell’un caso si parla di elementi ‘astringenti’ (stymmata), nell’altro di ‘aromi’ (hedysmata). Un terzo elemento, connesso con questo, è il colore; per produrlo si aggiunge cinabro (minerale rosso) e ancusa (Alcanna tinctoria). Una spruzzata di sale ha la funzione di mantenere inalterata la natura dell’olio. Si addizionano resina o gomma per fissare all’essenza l’aroma che, in caso contrario, rapidissimamente svanisce e si perde. Tra i profumi il più semplice e, verosimilmente, il primo a essere inventato, fu quello ricavato dal muschio e dall’olio di balano; in seguito il profumo di Mende si arricchì di olio di balano, di resina, di mirra, mentre ancora più complessa è, ai nostri giorni, la ricetta del Metopio. Questo è un olio estratto, in Egitto, da mandorle amare, al quale sono stati addizionati agresto, cardamomo, giunco profumato, calamo aromatico, miele, vino, mirra, seme di balsamo, galbano e resina di terebinto” (Plinio, Naturalis Historia, XIII, 7-8).

È noto che nell’Urbe i profumieri, riuniti in una corporazione, il collegium aromatarium, avevano botteghe concentrate nel vicus Thuriarus e nell’attiguo vicus Ungentarius al Velabro, mentre dell’esistenza dei profumieri pompeiani fino a ieri non ci rimanevano che poche tracce epigrafiche, come per esempio alcuni manifesti elettorali in cui la corporazione degli unguentarii appoggiava, insieme ai poveri, l’edilità di un tale Modesto: “modestum – aed (ilem) unguentari et pauperes facite”.



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