Vie invisibili by Juan Pablo Villarino & Laura Lazzarino

Vie invisibili by Juan Pablo Villarino & Laura Lazzarino

autore:Juan Pablo Villarino & Laura Lazzarino [Villarino, Juan Pablo]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788893428019
editore: Sperling & Kupfer
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


I NOMINATORI DI FORESTE E LE CASCATE SACRE

Cristian si presentò alla nostra porta con i corti capelli increspati e le ellissi degli occhi cariche di eccitazione ed entusiasmo.

«Volete conoscere una cascata sacra?» domandò.

Nessuno risponderebbe di no.

Sarebbe stato ingenuo pretendere di stare dietro a qualcuno che camminava nella foresta da sempre. I corpi degli shuar erano dei tonici, robusti ed efficienti destinatari del retaggio guerriero della loro etnia. La foresta ci salutava come un solo essere dai mille volti. Cristian continuava a nominare frutti e piante, simile a una bacchetta magica che accendeva elementi sconosciuti sul sipario della nostra ignoranza urbana. Mi venne in mente che gli eschimesi hanno sessanta parole per dire neve, a seconda del suo stato, durezza e consistenza. Lo stesso accade nella foresta: dove noi vedevamo solo «alberi e piante», gli occhi di Cristian distinguevano centinaia di specie. Ce n’erano di specifiche per costruire le capanne, altre da utilizzare come medicinali e altre ancora erano diventate, fin da subito, snack per la camminata. Prima furono pompelmi, poi frutti dolcissimi chiamati caimos. Il terzo spuntino ci lasciò di stucco.

«Vuole provare del cuore di palma, signorina?» domandò con gentilezza Cristian.

Non potevo rivaleggiare in cavalleria con quel giovane: sapevo a malapena dove mettevo i piedi, figuriamoci se conoscevo i nascondigli dei frutti amazzonici. Cristian si allontanò di una decina di passi e, con il suo machete, tagliò rapidamente una chonta. Tornò con un cilindro alto quasi quanto Laura. Abituati ai piccoli cuori di palma in lattina del supermercato, non riuscivamo a credere alle dimensioni di quello che ci aveva portato. Si trattava di palme che ci mettevano fino a quindici anni per maturare. Gli shuar – adesso sedentari – si portavano dietro la fiducia tipica dei nomadi nella rigenerazione spontanea della foresta. Neanche quando ripetevano a memoria il loro ripudio della deforestazione credevano che gli alberi in generale, e le chonta in particolare, sarebbero mai potuti scomparire.

Il percorso fino alla cascata non era semplice. In alcuni tratti ci arrampicavamo aggrappandoci alle radici o alle liane, o attraversavamo muschiosi tronchi caduti che fungevano da ponti. Cristian percepì la nostra difficoltà e ci costruì due bastoni con delle canne di gadua, il bambù gigante. Facendosi precedere dal machete, eliminava i rami troppo bassi. Alcuni di questi colpi erano inevitabili per aprirci la strada e contrattaccare il lento morso della foresta. A intervalli regolari altri colpi di machete terminavano sui tronchi degli alberi. Attraverso di loro Cristian sembrava stabilire un contatto con la foresta.

La cascata non era straordinaria, ma abbelliva con la sua acqua una conca in cui si poteva nuotare. Prima di tuffarsi, Cristian si fece il segno della croce, eseguendo un ingannevole atto di sincretismo. Mi tornò in mente il perentorio «sì» di Rosana quando le avevamo domandato se conservavano ancora le loro credenze. Nel pensiero shuar le cascate sono sacre. Lasciai che il salto del torrente si riversasse per alcuni secondi sulla mia testa, come a riconciliarmi con un’origine corrotta. Nascosto dall’acqua, con la roccia alle spalle, Cristian mi spiegò



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