Vita di Demostene e Cicerone by Plutarco

Vita di Demostene e Cicerone by Plutarco

autore:Plutarco [Plutarco]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
pubblicato: 2012-04-26T12:23:52+00:00


CONFRONTO

I 1Questi sono i fatti degni di essere ricordati tra quanti, tramandati sul conto di Demostene e Cicerone, giunsero alla mia conoscenza.2 Pur astenendomi dal confrontare la loro capacità in campo oratorio, credo di non dover tralasciare la seguente considerazione: Demostene investì tutte le sue qualità, sia naturali che frutto d’esercizio, nell’arte della parola. Riuscì, così, a superare, per chiarezza ed efficacia del discorso, coloro che lo avversarono in cause d’argomento politico e nelle liti giudiziarie; per magnificenza e splendore gli oratori che parlavano solo per dar sfoggio di sé; per sottigliezza e capacità tecniche i sofisti.3 Cicerone, invece, che si era fatto una cultura vasta e approfondita attraverso i suoi studi di eloquenza, lasciò non poche opere di stampo filosofico, stese secondo i dettami dell’Accademia. Comunque, anche se si leggono i discorsi scritti per il tribunale o per il Foro, risulta evidente la volontà di far trapelare dalle sue parole un chiaro esempio della sua cultura.4 Inoltre, anche analizzando i discorsi di entrambi, è possibile sottolineare alcuni aspetti del loro carattere. Demostene, alieno da qualunque ghirigoro retorico e da un certo sorrisetto divertito, tutto impegno e serietà, non puzzava di lucignolo, come disse Pitea deridendolo; al contrario, era lucido come chi beve solo acqua, sempre immerso nei suoi pensieri, con il viso stizzito e l’animo mesto che lo resero famoso. Cicerone, invece, portato spesso dalla voglia di ridere a burlarsi del prossimo, persino nei processi amava ironizzare con battute e risatine su fatti degni di ogni considerazione e non aveva riguardo per un linguaggio necessariamente conveniente. Durante la difesa di Celio, ad esempio, affermò quanto segue: «Non c’è nulla di strano nel fatto che, in mezzo a tanta lussuosa magnificenza, egli si abbandoni ai piaceri. È da folli non approfittare di opportunità del genere quando lo si può; d’altra parte, come è noto, sono gli stessi filosofi a riporre nel piacere la felicità».5 Quando, poi, Catone citò Murena in tribunale, raccontano che Cicerone, allora console, se ne assunse la difesa; proprio a causa di Catone, derise con continue battute la setta degli Stoici per l’assurdità di quei loro principî chiamati paradossi. Una risata fragorosa contagiò tutti, da quelli che ascoltavano in piedi ai giudici presenti; e Catone, sorridendo compiaciuto, disse rivolto ai suoi vicini: «Che uomo divertente questo console!».6 In effetti, Cicerone sembrò davvero amare la risata e lo scherzo e il suo volto ispirava serenità e pace. Su quello di Demostene, invece, gravò sempre un’aria pensosa: era assai raro che egli abbandonasse questa espressione cupa e preoccupata. Per questo i suoi nemici, come egli stesso attesta, lo definivano, senza peli sulla lingua, scorbutico e intrattabile.

II 1Ancora, sempre analizzando i loro scritti, si può vedere che quando Demostene elogia se stesso, lo fa con misura ed eleganza, costretto a questo da qualche altro fine importante; per il resto, si comporta con prudenza e moderazione. L’eccesso, invece, raggiunto da Cicerone nei suoi discorsi denuncia una certa mancanza di misura nella considerazione di sé, tipica di chi, in nome della gloria, grida: «Le armi cedano alla toga e l’alloro del trionfo all’eloquenza».



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