A chi appartiene la notte by A Chi Appartiene La Notte

A chi appartiene la notte by A Chi Appartiene La Notte

autore:A Chi Appartiene La Notte
La lingua: ita
Format: epub
editore: Baldini&Castoldi
pubblicato: 2018-01-10T16:00:00+00:00


Ortensia

Michele Renai scompare un pomeriggio di ottobre, pochi mesi dopo la mia morte.

Aveva sedici anni. Di quei giorni ricordo le notizie alla televisione e l’atteggiamento di mio padre, silenzioso, preoccupato. Guardavamo il telegiornale in salotto, vedevo posti che conoscevo bene, ricordo alcune interviste alla gente, la mamma di un mio compagno di scuola, la moglie del fornaio, il sindaco, il maresciallo dei carabinieri. Chiedevo a mio padre cosa stesse succedendo. Non rispondeva volentieri, altre volte lo avevo visto così, ma sempre per qualcosa che aveva a che fare con la nostra famiglia. Il lavoro, i soldi, la malattia di mia madre, la mia morte. Era un uomo serio, riflessivo, non facile alle emozioni, un uomo che proteggeva a tripla mandata il suo mondo interiore e tentava di offrire sicurezza. Un uomo con dei princìpi.

Così, alle mie domande, rispondeva come avrebbe fatto un osservatore qualunque, buttando giù ipotesi e speranze, le stesse possibilità ritrite che riempivano i resoconti. La ribellione di un adolescente, un incidente che lo costringe in un bosco, un rapimento. Fra tutte, proprio il rapimento avrebbe dovuto spaventarmi, invece ero incuriosita dall’idea che si potesse rubare una persona, come una mela dal fruttivendolo, e non per tenersela, ma per avere dei soldi in cambio. Mi sembrava assurdo, complicato, pericoloso. E se nessuno lo rivuole? chiedevo. Se portano via uno antipatico e la sua famiglia è contenta? È probabile che mio padre sorridesse, di quelle scemenze di bambina. Se fossi stata più grande avrei di certo riconosciuto i sintomi della menzogna, nelle risposte approssimative che mi dava. Allora, invece, mi accontentai di vivere di riflesso la minuscola, breve e tragica popolarità che piazzava il mio paese al centro dell’attenzione di tutti.

Durò poco, un mese al massimo.

Ci fu un ritorno di fiamma, oltre quindici anni dopo. Una sera la voce di un uomo telefonò a Chi l’ha visto?, dicendo di sapere dove si trovasse Michele. I giornali locali ci sguazzarono per un paio di settimane, ma non saltò fuori niente, neppure chi aveva fatto la telefonata. Mio padre diede solo un’occhiata agli articoli e io non chiesi nulla.

Michele Renai non tornò mai a casa.

Quello che so della sua storia l’ho scoperto negli anni, insieme al motivo dell’atteggiamento di mio padre. Una notte, immagino a pochi giorni dalla scomparsa, mi svegliai di soprassalto. Dalla mia morte mi ero trasferita in mansarda. La chiamavamo così, ma in realtà era il sottotetto, uno spazio enorme, che papà aveva trasformato nella mia stanza. Mi sentivo il personaggio di una favola, la principessa nella torre del castello. C’era il lucernaio e una piccola finestra rotonda, quasi un oblò, con una scala di legno per consentirmi di guardare fuori. Vedevo tutta la valle, il castello da una parte e la Pietra dall’altra e dal piano di sotto, una volta chiusa la botola, nessuno avrebbe saputo della mia esistenza.

È stato divertente per molto tempo, opprimente in tante occasione, utile e sorprendente in pochi fondamentali casi.

La botola restava sempre aperta, la scaletta abbassata, salire e scendere era questione di dieci gradini.



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