All'inferno e ritorno by Carlo Cottarelli

All'inferno e ritorno by Carlo Cottarelli

autore:Carlo Cottarelli [Cottarelli, Carlo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2021-02-15T16:00:00+00:00


La pubblica istruzione

Non posso non partire dalla pubblica istruzione. Come può esserci uguaglianza di possibilità senza una pubblica istruzione di alta qualità, dall’asilo nido agli studi post-universitari? Un’istruzione pubblica dotata di risorse adeguate all’importanza della sua missione serve non solo a dare a tutti un’adeguata base di partenza, ma anche a integrare giovani di estrazione sociale diversa, evitando una formazione elitaria.

Eppure quella per l’istruzione è la cenerentola della spesa pubblica italiana ormai da quasi quindici anni.1 Dal 2007 al 2018 la spesa per l’istruzione è scesa del 9,1 per cento in termini nominali e del 19,6 al netto dell’inflazione, riducendosi dal 4,5 al 3,8 per cento del Pil. Questo declino è andato oltre il calo dovuto alla discesa nel numero degli studenti dovuta a fattori demografici: la spesa per la pubblica istruzione media per popolazione fra i tre e i venticinque anni in rapporto al reddito pro capite italiano è scesa del 14,1 per cento. Nel 2017 (e le cose non sono cambiate molto da allora) la nostra spesa per la pubblica istruzione era la quart’ultima in Europa, seguita solamente da Bulgaria, Irlanda e Romania. In percentuale di spesa pubblica totale, l’Italia era ultima con solo il 7,9 per cento contro il 10,2 per cento della media europea. Siamo l’unico paese europeo dove la spesa per la pubblica istruzione era nel 2018 più bassa della spesa per interessi sul debito pubblico. Il divario con l’Europa è anche più forte per la spesa universitaria: spendiamo lo 0,3 per cento del Pil, meno della metà della media europea. Siamo ultimi in Europa. Solo il 25-26 per cento dei trentenni è laureato, contro una media europea del 40 per cento. Peggio di noi, e di poco, solo la Romania.2

Le cose non vanno meglio neanche nei primissimi anni di formazione. I dati riportati sopra non includono gli asili nido, ma anche in quello siamo molto indietro.3 Nell’anno scolastico 2017-18 i posti a disposizione nei nidi d’infanzia erano circa 355.000, metà pubblici e metà privati, con un tasso di copertura dei bambini fino a due anni del 24,7 per cento, ben al di sotto di quanto l’UE aveva raccomandato di raggiungere entro il 2010 (33 per cento), e con gradi di copertura del 10 per cento al Sud.

Eppure l’importanza dei primissimi anni di vita per l’apprendimento, e per l’insorgere di disuguaglianze poi difficili da correggere, è confermata da diversi lavori. Tra gli studi più noti sull’effetto dell’educazione nei primissimi anni di vita ci sono quelli di James Heckman, premio Nobel per l’Economia nel 2000. Heckman stima che il rendimento di un investimento in istruzione è più elevato per l’asilo di qualunque altra fase della vita scolare o post-scolare. Anzi raggiunge il massimo proprio nei primi tre anni di vita.4 A mostrare, invece, come le differenze nel grado di scolarizzazione vengano “trasmesse” dai genitori ai figli, alimentando una disuguaglianza di possibilità, c’è, tra gli altri, uno studio condotto su un gruppo di 653 bambini fra i tre anni e mezzo e i quattro anni e mezzo, promosso da Save the Children – Italia.



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