Il bello della bicicletta by Marc Augé

Il bello della bicicletta by Marc Augé

autore:Marc Augé
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bollati Boringhieri
pubblicato: 2011-03-02T16:00:00+00:00


Fuori dalla crisi?

L’operazione Vélib’, da questo punto di vista, ha tutta l’aria di essere stata un successo. Innanzitutto, ha fatto onore al suo nome, il moltiplicarsi, in tutta la città, dei parcheggi dove è possibile prendere o restituire una bicicletta, consente effettivamente una certa libertà a quelli usufruiscono del servizio. Con un po’ di immaginazione, si è quasi tentati di sognare, partendo da qui, una città in cui chiunque può prendere qualunque bicicletta per strada, lasciarla ovunque e riprenderne un’altra un po’ più tardi; una sorta di comunismo urbano per cavalieri e cavaliere della bicicletta capaci di coniugare etica comune e regole di cortesia rispettate unanimemente. Nelle strade di Parigi, durante il mese di agosto del 2007, abbiamo assistito, a furia di pedalate, a qualcosa che assomiglia proprio a un’utopia. Inoltre, l’assalto alle biciclette in affitto ha consentito una riappropriazione dello spazio urbano. I flâneurs di Parigi - specie che sembrava in via di estinzione - sono riapparsi. In bicicletta, però. I nuovi flâneurs, con il vento in faccia, hanno fatto una doppia scoperta: si sono resi conto con meraviglia che la città è fatta per essere guardata, per essere vista (vista direttamente, senza l’intermediazione di un apparecchio fotografico o di una telecamera), che è bella fin dalle sue strade più modeste, e che è facile da percorrere. La bicicletta, per chi si arrischia a utilizzarla in città per la prima volta, è l’occasione di un’esperienza inedita: permette di rivalutare le distanze e di fare confronti che i trasporti pubblici, seguendo itinerari fissi, impedivano. In bicicletta non si deve più cambiare, non si devono più aspettare le coincidenze. Si scivola quasi di nascosto in un’altra geografia, assolutamente e letterariamente poetica, occasione di contatti immediati tra luoghi normalmente frequentati separatamente, e che diventa così fonte di metafore spaziali, di confronti inaspettati e di cortocircuiti che non smettono di stimolare con la forza del polpaccio la rinata curiosità dei nuovi passanti. In poche pedalate si può passare dalla Bastiglia alla Tour Eiffel, attraversare la Senna, fermarsi un po’ su un ponte per abbracciare lungamente con lo sguardo l’Île de la Cité o il fogliame delle Tuileries, arrivare al Nord, perdersi nelle strade strette della Parigi romantica, rituffarsi nella zona della Bastiglia e nel Marais, correre verso il Bois de Vincennes, che poi non è così lontano, o tornare a Montparnasse per chiudere il cerchio. Questa è la nuova libertà, la nuova libertà d’ispirazione, regalata dall’uso della bicicletta. La bicicletta è una partitura, una partitura libera, anche selvaggia - esperienza di scrittura automatica, surrealismo in atto, o, al contrario, meditazione costruita, più elaborata e sistematica, quasi sperimentale, attraverso luoghi prescelti dal gusto raffinato degli eruditi.

Eppure è anche chiaro il doppio pericolo che incombe sull’esperienza di Parigi. Il primo è che si trasformi presto in attrazione estiva, riservata ai giovani e ai turisti, un modo di vendere la capitale a chi la vuole visitare. Il secondo è che si generi una forma di conflitto tra automobilisti e ciclisti, alimentato dall’ignoranza di entrambi, dalla loro



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