Ambra. Lui che ama a modo suo (Pietre Preziose) (Italian Edition) by Anna Chillon

Ambra. Lui che ama a modo suo (Pietre Preziose) (Italian Edition) by Anna Chillon

autore:Anna Chillon [Chillon, Anna]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9781717833044
Amazon: 1717833047
editore: Independently published
pubblicato: 2018-07-20T00:00:00+00:00


22

Qualche giorno dopo rividi il direttor Foca.

Avanzava impettito nella grande sala del piano terra, con il ventre strizzato in un gilet verde muschio, salutando a destra e a manca come un presentatore televisivo tra il suo pubblico, dispensando sorrisi e sorrisi e «signori» e «signori».

Per una ragione o per l’altra non lo vedevo dal primo giorno nella Serenità. Avrei dovuto incontrarlo quando io e Antonello prolungammo la permanenza con un altro contratto; ma il caso volle che quel giorno fosse altrove, così io avevo apposto la firma che m’incatenava a quel luogo alla presenza di Sorriso Otturato, che in questa seconda occasione mi era parsa ancora più sorridente del solito. «Il direttore le manda i suoi saluti, signor Luigi» m’aveva detto, «e se desidera parlargli, ricordi che può sempre chiedere un appuntamento».

Inutile specificare che non prenotai alcun appuntamento. E non l’avrei incontrato nemmeno a – un mese e mezzo? Due mesi? – dal mio ingresso, non fosse stato per la Generalessa.

Era infatti da imputarsi a lei la recente mania di scendere al piano terra da solo per prendere il caffè dopo il riposino del pomeriggio, prima che la folla serena si destasse e invadesse lo spazio a suon di chiacchiericci e carrozzine. Il caffè non faceva così schifo: era sì mediocre ma ugualmente bevibile, e soprattutto era mio. Me lo compravo con i miei spiccioli, era a mia discrezione la quantità di zucchero e la presenza del latte, e se m’andava lo potevo accompagnare con dei biscottini confezionati il cui prezzo rasentava l’indecenza, ma che detenevano il monopolio di mercato.

«Abbiamo in programma di costruire un bar in quest’angolo» stava spiegando il direttor Foca a una signora mingherlina, con i capelli acconciati in onde color miele e gli occhi grigio cenere. «Ci stiamo attrezzando per i permessi, così pensioniamo le macchinette».

L’ignaro distributore erogò il caffè lasciando cadere nel bicchiere di plastica una bacchettina mescola-zucchero. Mi sistemai su una sedia appoggiata al muro e, mentre lo sorseggiavo, ricordai porticcioli notturni e generalesse dotate di provvisori fogli di via.

Il direttor Foca si congedò dalla signora, puntando la prossima vittima di pacche e sorrisi. In tutto eravamo meno di una decina, sparsi qua e là a goderci la calma pomeridiana; gli altri erano accompagnati da figli, nipoti o badanti. Appresi che la cosa del bar portava un nome assolutamente originale, “progetto Bar”, che a gennaio dell’anno seguente sarebbero iniziati i lavori, che forse gli operai sarebbero stati un po’ d’impiccio ma che non dovevamo preoccuparci in quanto «l’intervento di riqualificazione ambientale gioverà moltissimo alla vostra qualità di vita».

Quando si allontanò, m’accorsi di non riuscire a deglutire l’ultimo sorso di caffè, che risputai nel bicchierino prima di cestinare. Mi accorsi anche di uno sparuto gruppetto di domande affastellatosi all’improvviso nella testa. Sarei stato ancora qui, a gennaio? La viscidità del direttor Foca era genetica o ambientale? E in che misura interferiva con la mia “qualità di vita”?

Tornai alle macchinette ogni giorno della settimana, ma non rincontrai più il direttore («Forse è in ferie» ipotizzò una



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