Animali si diventa by Federica Timeto

Animali si diventa by Federica Timeto

autore:Federica Timeto [Timeto, Federica]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Tamu
pubblicato: 2024-03-21T23:00:00+00:00


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1 In effetti il primo articolo, del 1975, in cui Adams affronta la questione, intitolato The Oedible Complex, precede il libro di una quindicina d’anni

2 Alla Brock University di St. Catharines, in Canada, dove si sviluppano ispirandosi anche al movimento locale Niagara Action for Animals, i Cas sono integrati nel dipartimento di Sociologia, in dialogo con l’ecologia politica, gli studi postcoloniali, la teoria critica della razza e gli studi queer

Il campo delle relazioni

Decostruire i dualismi

Il rifiuto di ogni forma di binarismo attraversa tutti i femminismi non essenzialisti. In relazione alla questione animale, questo si concretizza nella volontà di svincolare il femminile dal campo del «naturale», cui è associato per subordinarlo e strumentalizzarlo. L’opposizione fra natura e civiltà, infatti, è servita a garantire il privilegio di un certo tipo di umano in contrapposizione a tutto quanto può essere dominato e sfruttato a vantaggio della «società» (o «civiltà» se prevale la connotazione razzista). In questo contesto, il dualismo umano/animale, piuttosto che semplicemente raddoppiare quello natura/cultura, lo complica perché moltiplica le divisioni e le catene di associazioni svalorizzanti e rivela che la naturalizzazione, di cui l’animalizzazione è una forma, è una dinamica che investe gli animali umani e non umani. Pensiamo alle specie cosiddette invasive, per esempio: i piccioni sono definiti «topi con le ali», e in questo modo associati ad altri animali considerati inferiori nella scala dei viventi. Anche le persone senza casa o migranti sono considerate invasive nella retorica conservatrice: questo è uno dei tanti esempi di come lo specismo funzioni gerarchizzando le differenze per invalidarle, in una logica in cui l’associazione a una determinata posizione può essere arbitrariamente attribuita e non ha nulla di «naturale». Una catena virtualmente senza fine, dal momento che ogni categoria è sempre scomponibile in ulteriori dicotomie, intrecciate in dinamiche di potere che le richiamano insieme: dopo aver separato l’animale dall’umano, infatti, si potrà ancora separare l’animale dall’animale, e l’umano dall’umano, e queste scissioni garantiranno solo a uno dei due lati del taglio di godere dei privilegi di specie, sesso, razza o altro, ad infinitum.

Val Plumwood, che ha elaborato approfonditamente la critica del dualismo come matrice della modernità occidentale in Feminism and the Mastery of Nature, ha affermato che la struttura dualistica rappresenta la base di tutte le forme di oppressione, che trovano nella categoria di natura, una categoria per questa ragione profondamente politica, un campo comune (anche di battaglia) per l’esercizio dell’esclusione e del controllo ideologico e materiale che ha caratterizzato la storia del pensiero occidentale e le sue pratiche. Criticare il dualismo significa, per Plumwood, anche elaborare un ecofemminismo critico che non rinneghi la sua relazione con la natura ma si ponga in una posizione intermedia fra negazione e identificazione assolute. Se la natura include tutto ciò che la ragione esclude, non è possibile stare dalla parte della natura senza prima investigare le forme di esclusione che ne delineano i confini. Le associazioni natura-corpo, natura-emozioni, natura-femminilità, natura-animalità, ma la lista potrebbe continuare, sono tutte inferiorizzanti e servono a naturalizzare le relazioni di dominio.



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