Aut aut 359 - La potenza del falso by AA.VV

Aut aut 359 - La potenza del falso by AA.VV

autore:AA.VV. [AA.VV.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Philosophy, General
ISBN: 9788865763391
Google: ZyNhDwAAQBAJ
editore: Il Saggiatore
pubblicato: 2013-09-12T12:41:03+00:00


Il paradosso della malafede (Sartre contra Baudelaire)

Partendo dalla constatazione che laddove il male si fa senza sforzo, per natura, il bene e la virtù nascono viceversa dalla ragione e dall’artificio, Baudelaire l’aveva estesa all’ordine del bello, appellandosi provocatoriamente all’esempio fornito dal “selvaggio” e dall’“infante”, i quali, “con la loro ingenua aspirazione verso ciò che brilla, i piumaggi multicolori, le stoffe cangianti, la maestà superlativa delle forme artificiali, attestano il loro disgusto per il rea-le, e dimostrano così, inconsapevoli, l’immaterialità della propria anima”. Di qui, egli era poi passato a identificare nella moda “un sintomo del gusto dell’ideale, che galleggia nel cervello umano al di sopra di tutto ciò che la natura vi accumula di volgare, di terrestre e di immondo, come una deformazione sublime della natura o meglio come un tentativo inesauribile e ricorrente di riforma della natura”. Abbigliandosi, pertanto, le donne non soltanto sarebbero nel loro diritto, ma assolverebbero a una sorta di dovere, dettato dall’esigenza di “consolidare e divinizzare” un’altrimenti troppo fragile bellezza. E lo stesso varrebbe per “la coloritura del viso”, la quale “non deve essere usata con il fine volgare, inconfessabile, di imitare la bella natura e sfidare la giovinezza”, ma per fare della donna quella “specie d’idolo [...] fascinante e stregato” per il quale, “ma soprattutto in virtù del quale gli artisti compongono le loro gemme più preziose”.19.

Da buon artista, all’obiezione platonica secondo cui la cosmeti-ca, al pari delle altre pratiche riconducibili alla κολακεία, avrebbe avuto il torto di non riferirsi al vero, egli avrebbe sicuramente ribattuto rivendicando tale sua caratteristica come il maggiore dei suoi pregi. Ed è forse anche per questo che, nell’attaccare la passione baudelairiana per l’artificio e l’orpello, un altro filosofo quale Jean-Paul Sartre l’avrebbe fatto non in nome di un essere vero, di cui quello forgiato dall’artista costituirebbe la contraffazione, ma in quanto sintomo di una falsità d’altro genere, da riferirsi al progetto costituito dalla coscienza di ciascuno di noi.

Nella monografia da questi dedicata all’autore dei Fiori del male, infatti, si trova un passo piuttosto curioso, in cui egli si dichiara pronto a scommettere che il poeta preferisse “il manzo in salsa piccante alle bistecche ai ferri, e le conserve alle verdure fresche”, e questo a causa “di quel suo orrore dei bisogni naturali” che l’avrebbe spinto, oltre che a “discussioni interminabili coi tavernieri”, a ostentare un “gusto infelice” per un’arte, quella culinaria, di cui non avrebbe in realtà capito nulla.20. Che a essere qui in questione non sia una semplice mancanza di gusto, bensì qualcosa dell’ordine di un vizio o di un difetto morale, è immediatamente evidente. Mistificando il senso e la natura dei propri bisogni, “truccando” la sua fame, Baudelaire avrebbe difatti inconsapevolmente cercato di liberarsi dalla sorda presenza dell’in-sé, di quell’oscura e ostinata densità d’essere cui, secondo Sartre, la coscienza di ciascuno di noi inerisce e anzi è nel momento stesso in cui si costituisce negandola. Ma nella misura in cui l’in-sé del corpo fa tutt’uno con la contingenza in relazione alla quale soltanto si definisce la



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