Bella e morta by Ross McRoss

Bella e morta by Ross McRoss

autore:Ross McRoss [McRoss, Ross]
La lingua: ita
Format: epub, azw3
Tags: Giallo
editore: Longanesi & Co
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


CAPITOLO XI

Venerdì sera

DORETTA LANE è una di quelle strade caratteristiche e acciottolate che risalgono ai giorni in cui il Greenwich Village era un villaggio di nome e di fatto: fredda, buia, con due file di vecchie case ai lati. Il numero trentanove era una baracca a due piani, dipinta in arancione. Pareva disabitata. Suonai il campanello e nessuno rispose. Suonai di nuovo, col medesimo risultato. A malincuore, mi diressi verso il bar più vicino. Era un saloon come se ne vedono nei film western.

Sedetti al banco di mescita. Era tutto mio. Ordinai del bourbon e chiesi al barista se conosceva Torvold Janssen. Rise come se avessi detto qualcosa di molto spiritoso. Attesi qualche minuto, poi entrai nella cabina telefonica e formai il numero di Janssen. Nessuno rispose.

Uscii dalla cabina, ordinai dell'altro bourbon, tornai nella cabina e richiamai Janssen. Nessuno rispose. Continuai a formare quel numero ogni mezz'ora e a ordinare bourbon e infine, poco prima delle diciotto, qualcuno staccò il ricevitore dall'altro capo del filo. Udii un frastuono tale che al confronto una sala da scommesse sarebbe parsa tranquilla come una libreria pubblica, e una voce femminile mi trapanò il timpano con un: «Pronto!» squillante. Riattaccai. Tornai verso il bar, vuotai il quinto bicchierino di bourbon, salutai il mio vecchio amico barista, e uscii.

Attorno al cortile del numero trentanove, i muri vibravano al ritmo di un be–bop. Qualcuno, al primo piano, stava strappando l'anima ai tasti di un pianoforte. Pareva impossibile che due sole mani e una sola tastiera riuscissero a fare tanto baccano.

Inutile suonare il campanello, nessuno mi avrebbe udito. Così spinsi la porta. Era aperta. Salii le scale. Giunto sul primo pianerottolo, mi trovai dinanzi una tenda che sembrava un lenzuolo inumidito. Lo scostai e fui avvolto da un fumo acre e nauseabondo.

Lì per lì mi parve d'essere capitato in una festicciola organizzata da alcuni alienati mentali. Mi trovavo in uno studio di pittore, molte tele erano appese alle pareti e appoggiate ai cavalletti, macchie di colore costellavano il pavimento.

Gli invitati erano tutti adolescenti, di sesso vario. Il ragazzo che sedeva al pianoforte, con una sigaretta che gli ciondolava dalle labbra, era troppo fragile per affaticarsi a quel modo. Dall'espressione del suo viso si sarebbe detto che aveva ingaggiato un duello all'ultimo sangue col suo strumento, e uno dei due doveva morire.

Una coppia giaceva distesa sul pavimento, coscia contro coscia, fumando un'unica sigaretta. Per poco non inciampai in un torso. Era un torso maschile che emergeva da due guanciali umidi, e parlava: «Figlioli», diceva, «sono tanto vecchio… Lunghi secoli pesano sulle mie spalle… Figlioli, com'è buio qua dentro…»

Un altro ragazzo saltellava vibrando pugnalate nell'aria. «Acciuffatemi, poliziotti!» gridava. «Sono un assassino!»

Rimasi immobile per qualche minuto, cercando di credere a ciò che vedevo. Poi una ragazza rotolò verso di me. Era una bella biondina. Una bella biondina con gli occhi vitrei.

Mi gettò le braccia al collo. «Salve!» disse. «Vuoi una boccata?»

Si tolse la sigaretta dalle labbra e tentò di ficcarla tra le mie. Mi ritrassi.

«Di che hai paura?» rise. «È solo un po' di Marianna.



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