L'ultimo volo dell'angelo by Nadia Vittori Osvaldo Rossoni

L'ultimo volo dell'angelo by Nadia Vittori Osvaldo Rossoni

autore:Nadia Vittori Osvaldo Rossoni [Osvaldo Rossoni, Nadia Vittori]
La lingua: ita
Format: mobi
ISBN: 9788895049182
editore: Armando Curcio Editore
pubblicato: 2012-10-30T16:00:00+00:00


Bardai la cavalla di mio padre, Bionda. Presi il carro e mi avviai verso la città confortato da nuove speranze. Volevo rintracciare gli amici superstiti, abbracciarli, baciarli, ubriacarmi con loro come non avevo mai fatto. Soprattutto, però, dovevo sapere di Francesca.

Il tragitto verso la città mi regalò prima un sole stupendo e poi un violento temporale che mi inzuppò completamente. Giunsi a casa mia grondante d'acqua, portai la cavalla nella stalla e scaricai dal carro le poche cose che mi ero portato. Con piacere trovai tutto in buono stato: i vandali ci avevano risparmiati, ogni cosa era come l'avevamo lasciata. Percorsi più volte il tragitto dalla casa alla fucina, dalla fucina alla stalla, dalla stalla di nuovo alla casa. Assaporavo la gioia del ritorno poco alla volta, volevo essere sicuro che quanto vedevo fosse vero e non un frutto della mia immaginazione. Il segno tangibile di questa realtà fu vedere donna Bartolomea che usciva in quel momento dalla sua abitazione. La chiamai urlando e mi precipitai verso di lei. La stavo raggiungendo per abbracciarla quando dalla stessa porta uscì una seconda persona. Non potevo più fermare il mio impeto, e involontariamente la investii. Ci trovammo a terra.

Risi di cuore, poi farfugliai qualche scusa. Guardai chi fosse la vittima della mia goffaggine e, superato lo smarrimento, non riuscii a trattenere calde lacrime di gioia.

Francesca, in abiti modesti che la rendevano quasi irriconoscibile, mi stava osservando ancora incredula per quanto era accaduto. Dopo un attimo scoppiò in una risata liberatoria.

Fu una tremenda pacca delle grosse mani di donna Bartolomea sulla mia spalla a porre fine a quel momento imbarazzante. Mi alzai e abbracciai la mia vicina.

Donna Bartolomea mi guardò, e io indovinai immediatamente le domande che stava per rivolgermi. Le mie lacrime la zittirono e mi strinse ancora più forte, offrendomi tutto l'aiuto possibile. Non rifiutai il suo invito a cena per quella sera, e mentre guardavo lei e Francesca allontanarsi la mia mente si affollò di mille domande: cosa ci faceva Francesca da donna Bartolomea? Perché vestiva come la povera gente? Sarebbe stata presente alla cena?

Quel giorno combinai molto poco. Rassettavo la casa, poi lasciavo la ramazza e andavo nella fucina a controllare se mancassero degli attrezzi e nella stalla per dare biada e acqua a Bionda, ma il desiderio di sapere non mi dava pace.

Dopo essermi lavato e vestito con l'abito più bello che mio padre aveva lasciato a San Gimignano mi presentai di fronte alla porta di donna Bartolomea, terribilmente a disagio.

La luce ancora vivida del pomeriggio aumentava il rossore che infiammava le mie guance. Fu Francesca ad aprire. Mi sorrise, un sorriso lievissimo che mi condusse direttamente alla beatitudine eterna.

Senza riuscire a proferire parola la seguii. Donna Bartolomea era affaccendata in cucina. Si voltò per rispondere al mio saluto, e vedendo il mio volto inebetito si affrettò a invitarmi a sedere, porgendomi un buon boccale di vernaccia. Il dolce sapore del vino che invadeva il palato e la gola fu la piacevole sorpresa che completò quella situazione idilliaca. A tavola mangiammo di gusto una buona zuppa di pane e verdure.



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