Butterfly (Italian Edition) by Yusra Mardini

Butterfly (Italian Edition) by Yusra Mardini

autore:Yusra Mardini [Mardini, Yusra]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788809877580
editore: Giunti
pubblicato: 2019-01-15T23:00:00+00:00


13

Un ometto con gli occhi a mandorla sbuca dal nulla e si avvicina al nostro gruppo. Ha un viso aperto, circondato da una massa di capelli sale e pepe, la carnagione scura. Porta un paio di occhiali quadrati dalla montatura robusta in precario equilibrio sul naso. Vicino a lui c’è una donna con capelli ricci e castani, tagliati corti.

«State per attraversare la frontiera?» chiede l’uomo in inglese.

«Chi è?» chiede Zaher. «Vuole dei soldi?»

L’uomo dice di chiamarsi Lam. La donna ci rivolge un sorriso accogliente e dice di chiamarsi Magdalena. Lam estrae una macchina fotografica con un obiettivo enorme da sotto la giacca.

«Siamo giornalisti. Sono un fotografo» dice Lam. «Vorrei attraversare il confine insieme a voi e scattare qualche foto.»

Sara spiega al gruppo le intenzioni dell’uomo.

«Può fare quello che vuole, a patto che non ci faccia scoprire» dice Zaher.

Sara guarda Lam e sorride.

«D’accordo» dice. «Potete venire con noi.»

Ci alziamo in piedi. Sara prende Kamar dalle braccia della madre e la mette in un marsupio rosso allacciato sul petto. La moglie di Zaher porge a Sara un foulard rosa, che lei avvolge intorno alla neonata per ripararla dal sole. Lam scatta una foto al gruppo e poi segue Zaher lungo il sentiero sabbioso insieme a Magdalena. Sara e io, insieme al resto del gruppo, li seguiamo a ruota. Zaher gira a destra, esce dal sentiero e sale verso un boschetto. Ci arrampichiamo lungo il pendio, usciamo dal bosco e ci ritroviamo sui binari del treno, che scintillano sotto il sole di mezzogiorno. In mezzo non ci sono traversine, ma soltanto un sentiero sterrato e spoglio. Ci incamminiamo lungo la ferrovia.

«Non passano i treni?» mormoro a Lam.

«Oh, non tanto spesso» dice facendomi l’occhiolino. Poi si mette da una parte e scatta altre foto al gruppo in movimento. Dopo qualche minuto, Zaher ci fa cenno di fermarci.

«Fate silenzio» mormora. «Non fiatate.»

Trasmetto il messaggio agli altri. Zaher scompare tra gli alberi a sinistra. Lo seguiamo lungo il pendio. In fondo, gli alberi cedono il passo a un grande campo di mais. Zaher si ferma e alza una mano. Mi blocco, dietro di lui. Si avvicina per parlarmi all’orecchio.

«Il confine è laggiù» bisbiglia, consultando il telefono e indicando un punto alla sua destra, dove il campo finisce. «Là c’è l’Ungheria.»

Zaher disegna una linea con un dito, da sinistra a destra, per mostrare la strada principale, dove ci sta aspettando la polizia. Dovremo nasconderci nel campo di mais e cercare di superarli. Se ci alziamo, ci vedranno.

«Nessuno parli, né fumi» dice Zaher, voltandosi verso il gruppo. «Fate stare zitti i bambini. E spegnete i telefoni. Quando dico di correre, correte. Quando dico di sedervi, vi sedete. Intesi?»

Annuisco.

Zaher parte, correndo tra il granturco, la testa all’altezza delle pannocchie. Lo seguo chinata in avanti, col fiato corto. Lam, Magdalena e Sara sono dietro di me. Abbiamo percorso venti metri, quando Zaher si ferma di colpo. Mi fa un cenno della mano e mi blocco. Poi muove il palmo su e giù, indicando il terreno.

«State giù» sibila senza voltarsi.

Mi accovaccio a terra, imitata dagli altri dietro di me.



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