Canta, spirito, canta by Jesmyn Ward

Canta, spirito, canta by Jesmyn Ward

autore:Jesmyn Ward [Ward, Jesmyn]
La lingua: ita
Format: epub, azw3
editore: Enne Enne Editore
pubblicato: 2019-04-21T21:24:27+00:00


7

LEONIE

Dobbiamo lasciare i finestrini abbassati per via dell’odore. Ho dovuto usare tutti i fazzoletti che avevo ficcato nel cruscotto per pulire lo schifo, ma Michaela sembra ancora macchiata di vernice, e ha sporcato anche Jojo, e lui non vuole lasciarla per ripulirsi. «A posto così» ha detto. «Tutto a posto». Ma da come continua a ripeterlo è chiaro che non è vero. La parte di me che riesce a pensare a qualcos’altro oltre a Michael sa che Jojo sta mentendo. Che non è tutto a posto, che lui è davvero preoccupato per Michaela. Jojo continua a guardare Misty, che è mezza fuori dal finestrino e si lamenta per la puzza («Non andrà più via» ha detto), e io mi aspetto di vederlo arrabbiato nello specchietto retrovisore, come prima, quando Misty si era lagnata. Ma c’è qualcos’altro nella sua espressione, negli occhi sbarrati e nelle labbra quasi scomparse.

Michael bussa alla porta. Quando Al viene ad aprire, stiamo tutti accalcati nella veranda e abbiamo un odore muschiato, di sale e vomito.

«Salve. Mi sorprende che ti abbiano rilasciato così in fretta!» dice Al.

Ha in mano un cucchiaio da cucina, uno strofinaccio gettato sulla spalla come una sciarpa. Mi dispiace per la sua donna di servizio, se ce l’ha, perché sono abbastanza sicura che Al non lava mai le pentole, le mette semplicemente l’una sopra l’altra sul bancone. Quando non è in ufficio, probabilmente cucina.

«Michaela sta ancora male». Intanto Misty si fa largo a spallate per entrare in casa.

«Ah, un bel pasticcio» dice Al, e si scosta per farci passare uno per volta. L’ultimo è Jojo. Michaela non vuole staccarsi da lui, e lui si rifiuta di metterla a terra.

«Nell’armadio del corridoio ci sono degli asciugamani puliti» dice Al. «Vi conviene darvi una lavata. Porto con me Misty, andiamo a comprare qualche medicina». Misty sembra sollevata di salire su una macchina senza spruzzi di vomito qua e là. «In dispensa trovate pane e ginger ale» dice Al. «Non so perché ieri non mi è venuto in mente». Esamina il tappeto. «Ah, sì, adesso mi ricordo». Sorride guardando me e Michael. «Ero abbagliato dalle mie ospiti e dai loro regali, giusto?».

Michael gli tende la mano. È coperta di calli per i lavori che faceva a Parchman: badava alle mucche e alle galline, coltivava gli ortaggi. Mi ha detto che il direttore pensava fosse una buona idea mettere i carcerati a lavorare nei campi, era una vergogna sprecare la buona terra del Delta con tutti quegli uomini forti e sani che se ne stavano lì senza far niente. Così a Michael era venuto il pallino della terra. Gli piaceva proprio, diceva nelle lettere. Una volta tornato a casa voleva farsi un giardino, ovunque fossimo andati. Gli bastavano anche solo un po’ di vasi su una gettata di cemento. Quando metto le mani nella terra non penso più a niente, diceva. È come se usassi le dita per parlare con Dio. La mano di Al è liscia e grande, e quando stringe quella di Michael sembra inghiottirla in un involucro di carne.



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