Ci piaceva giocare a pallone by Eraldo Pecci

Ci piaceva giocare a pallone by Eraldo Pecci

autore:Eraldo Pecci [Pecci, Eraldo]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858695487
editore: Rizzoli
pubblicato: 2018-12-06T16:00:00+00:00


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Il contratto

Nel mio primo anno di serie A guadagnavo sessantamila lire al mese. Vitto e alloggio erano a carico della società, riuscivo ad arrivare a fine mese, ma non c’era da stare molto allegri. Certo l’ingegner Ugolini, da sempre economo del Bologna, un anticipo ogni tanto non lo negava, anche se borbottava sempre, mentre contava i soldi, su concetti come il rigore e il risparmio. Meno male che c’erano i premi partita e qualcosa in tasca mi ritrovavo, ma riflettei sull’opportunità, prima di firmare il nuovo contratto, il primo “da grande” per me, di trattare a lungo e spiegare tutte le mie ragioni.

Evidentemente i dirigenti riuscivano a leggere nei miei pensieri. Venne da me il signor Moruzzi, braccio destro del presidente Luciano Conti, presidente a sua volta dell’Automobil Club e del circuito di Imola, uomo di grande fascino e dialettica, per questo soprannominato “Cardinal Richelieu”, che mi spiegò che il presidente era un uomo generoso, che capiva la mia situazione e che aveva un debole per me. Però odiava i bracci di ferro, le lunghe trattative, il protrarsi delle questioni. Mi consigliò di firmare il contratto in bianco così il presidente, lui lo conosceva bene, disse, si sarebbe sentito in dovere di essere più generoso e avrei ottenuto più di quanto pensassi. Bene, lo ascoltai e gli diedi retta con grande entusiasmo. Il risultato fu che mi ritrovai col minimo federale, trecentotrentamila mensili e con in testa questo interrogativo: “Ma a quelli per cui non ha un debole, il Pres quanto dà?”. Divenni comunque titolare e con i premi partita di soldi in tasca ne avevo anche troppi per la mia età. Il signor Moruzzi, smussatore di spigoli, alias Richelieu, non si avvicinò più a me con l’intento di darmi consigli, ma cercò di rendersi utile in vari modi. Quando mi regalò la tessera dell’Automobil Club la declinai, informandolo che venivo dal mare e, tra la gente di città, andavo in barca. E non mi vennero in mente Luigi XIV, Mazzarino o Colbert bensì quel vecchietto che in un giorno di fortissimo maestrale spingeva sui pedali della sua bicicletta con pochissimo profitto e vedendo che lo guardavo mi disse: «Burdel, arcordte che sol e vent ut da in tla faza: tot chielt it da in te cul» (Ragazzo, ricordati che solo il vento ti dà sulla faccia, tutti gli altri ti danno nel…).



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