Come ho smesso di essere ebreo by Shlomo Sand

Come ho smesso di essere ebreo by Shlomo Sand

autore:Shlomo Sand [Sand, Shlomo]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 978-88-58-65773-7
editore: Rizzoli
pubblicato: 2013-03-14T23:00:00+00:00


La pubblica istruzione e l’apparato militare

Nel frattempo, come è già capitato di osservare a proposito delle asimmetrie politiche e intellettuali che polarizzavano la popolazione, le élite israeliane lavoravano instancabilmente alla produzione e diffusione di una nuova cultura egemone. A quell’epoca la televisione non esisteva ancora. I due strumenti gemelli che servivano a modellare la popolazione erano la pubblica istruzione e la leva militare (in terza battuta, con un certo distacco, veniva la stampa). In tutte le scuole del paese gli alunni imparavano a parlare e leggere l’ebraico moderno e studiavano la Bibbia come un libro di storia di intonazione eroica e secolare. Lo slogan «dalla Bibbia al Palmach»1 era già diffuso prima della fondazione dello Stato di Israele. In altri termini, lo studio della storia ruotava intorno a due concetti cardine: un’immaginaria sovranità ebraica in epoca antica e una quanto mai reale sovranità israeliana in epoca contemporanea. L’eroismo degli antichi ebrei e l’audacia degli ebrei viventi definivano il modello virile del sabra. Il giudaismo malaticcio che aveva passivamente subito i contraccolpi della storia era presentato come una traballante passerella verso la rigenerazione nazionale.

Il servizio militare obbligatorio era una seconda scuola. Affiancandosi alla pubblica istruzione, l’esercito funzionava come un’immensa fucina di uomini nuovi, portatori di un’identità e di una cultura originali. Se le élite israeliane sono riuscite a entrare in contatto con la massa degli immigrati è soprattutto grazie all’apparato gerarchico militare. Prima di partire per la leva, le reclute parlavano con i genitori una lingua straniera e disprezzata (lo yiddish o l’arabo); dopo due o tre anni nello Tsahal, i giovani veterani erano riconosciuti come buoni soldati e come israeliani finalmente degni di questo nome. Rientrati a casa al termine della leva, i giovani insegnavano ai genitori la lingua del nuovo stato, e insieme alla lingua trasmettevano loro un senso di vergogna per la loro cultura di provenienza, priva di vigore marziale e maestà nazionale. La situazione geopolitica di Israele, simile a una fortezza assediata, unita alle vittorie militari del 1948, del 1956 e del 1967, avrebbe contribuito a circondare l’israelità di un’aura addirittura leggendaria, santificando il culto della forza e cementando il potere delle vecchie élite.

Va riconosciuto che la cultura israeliana si è consolidata con una rapidità stupefacente. In altri paesi la costruzione di una cultura nazionale ha richiesto tempi relativamente lunghi, metre in Israele, società di immigrazione priva di elementi autoctoni, sono bastate due generazioni per impiantare una lingua e una cultura totalmente nuove. Certo, la sua distribuzione nelle diverse fasce sociali non è mai stata uniforme. Sono esistite e continuano a esistere delle sottoculture. Resta il fatto che in ambito culturale (come del resto in campo agricolo e militare) l’impresa sionista non ha precedenti nella storia.



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