Come un giovane uomo by Sconosciuto

autore:Sconosciuto [Sconosciuto]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 123
editore: Marsilio
pubblicato: 2018-02-14T23:00:00+00:00

L’animo carico di angoscia, mi concentrai finché, dopo uno sforzo prolungato, poche gocce di una sostanza umida mi bagnarono appena gli occhi. Sceso dal treno, volli credere che quei germogli di lacrime che nemmeno seppero staccarsi dalla cornea per scendere sulla mia guancia fossero l’inizio della soluzione e che, con la commozione che immaginavo di avere trovato, non solo avessi compensato nell’omaggio privato quello pubblico cui avevo mancato di partecipare, ma anche che fosse iniziata l’elaborazione del lutto e la sua soluzione.

Mi illudevo. Che la morte, come il sole, non si lascia fissare lo avevo appreso nel febbraio del Duemila che, nonostante le proteste dei matematici, segnava per il mondo l’inizio di un nuovo millennio così come quel febbraio di dieci anni più tardi vedeva inaugurarsi il secondo decennio del secolo, i più rassicuranti anni Dieci – che, per la naturale tendenza dell’uomo a rimuovere il male dove è presente in una misura insopportabile, anziché evocare le trincee e le morti di una guerra le cui ragioni sono cadute in fretta in un abisso di oblio e insensatezza, sbiadite come la luce artificiale nell’ora più luminosa dell’estate al cospetto di quelle della guerra che era scoppiata vent’anni dopo, ancora oggi celebrata come il trionfo delle forze del bene contro l’assoluto male, portavano alla mente i bar illustrati lungo i boulevard, i cappelli delle donne leggeri e volanti come le gonne di una ballerina, gli edifici eleganti di Parigi, gli ultimi fasti di una belle époque che a lungo aveva conosciuto la pace e, sfiorando più volte l’incidente senza conoscerlo, non credeva davvero che le ordinarie meschinità e irragionevolezze degli uomini potessero provocare un’esplosione –, succeduti a quegli anni i quali, dopo un’esitazione iniziale che aveva bloccato l’istintiva categorizzazione, era, con qualche imbarazzo, diventato abituale indicare come anni Zero, attribuendo alla designazione un valore simbolico, come se il calendario stesso avesse voluto dar conto dell’atmosfera cupa del tempo, del senso di distruzione, di annichilimento che si era impadronito degli animi dopo che la storia, che negli anni Novanta era stata detta conclusa, aveva ripreso a scorrere dolente e, come ogni cosa, fedele all’entropia, diretta verso il peggio della guerra invisibile e infinita e della crisi da cui si sperava che il nuovo decennio avrebbe saputo tirarci fuori.

Mia nonna si era ammalata quasi due anni prima della sua morte, alla vigilia di un’estate, nell’anno in cui sarei diventato maggiorenne.

Quando mi fu comunicata, accolsi la notizia con scetticismo. Dopotutto, pensavo, nonostante le radiografie evidenziassero una macchia scura al polmone, le numerose biopsie cui mia nonna si era sottoposta avevano dato esito negativo e lei stessa non appariva trasformata, offrendosi al mio sguardo immutata tanto nel corpo quando nei modi e nelle parole che mi rivolgeva. Perfino mia madre – che, sebbene di fronte a me cercasse ancora di nasconderlo, era rimasta sconvolta dalla notizia – sembrava credere nella possibilità di una soluzione, respingendo con odio le parole del primo medico che aveva visitato mia nonna e che, fino al divorzio con la moglie

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