Conrad Joseph - 1908 - I duellanti by Conrad Joseph

Conrad Joseph - 1908 - I duellanti by Conrad Joseph

autore:Conrad Joseph [Conrad Joseph]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: Fiction, Classics, War & Military
ISBN: 9788836811861
Google: Kq_DPwAACAAJ
editore: Passigli
pubblicato: 2009-12-14T23:00:00+00:00


IV

Nessuno riesce in tutto ciò che intraprende. In questo senso siamo tutti dei falliti. L'importante è non fallire nell'orchestrare e sostenere lo sforzo della vita. Qui è la vanità che ci porta fuori strada. Ci precipita in situazioni dalle quali è giocoforza uscire con le ossa rotte; mentre l'orgoglio è la nostra salvaguardia, sia per l'accortezza che impone nella scelta degli intenti, sia in virtù del suo potere di sostegno.

Il generale D'Hubert era orgoglioso e accorto. Non l'avevano segnato gli amori passeggeri, felici o meno. Nel suo corpo di soldato, coperto di cicatrici, a quarant'anni il cuore restava intatto. Accostatosi con cautela ai progetti matrimoniali di sua sorella, si era sentito cogliere irrimediabilmente dall'amore come da una tegola sul capo. Era troppo orgoglioso per farsene spaurire. E troppo piacevole quella sensazione, in effetti, per metterlo in allarme.

L'inesperienza di un uomo sui quarant'anni è cosa molto più seria di quella di un ventenne, giacché non trova rimedio nell'irruenza della passione. La ragazza era misteriosa, come lo sono tutte le giovani per il solo effetto della loro guardinga ingenuità; e il mistero di lei, la sposa promessa, appariva al generale portentoso e affascinante. Nessun mistero si notava invece nei preparativi di nozze allestiti da Madame Léonie. E nessun particolare insolito. Era un matrimonio combinato al meglio, graditissimo alla madre della ragazza (il padre era morto) e tollerato dallo zio, un vecchio emigré rientrato di recente dalla Germania, che aleggiava col bastone in mano, sparuto fantasma dell'ancien régime, per i viali del giardino della casa avita.

Il generale D'Hubert, quando si venne al dunque non era uomo da accontentarsi puramente di una donna e di un patrimonio. Il suo orgoglio (e l'orgoglio mira sempre al successo pieno) si sarebbe appagato solo e soltanto con l'amore. Ma siccome il vero orgoglio esclude la vanità, egli non riusciva a immaginare alcun motivo per cui quella creatura misteriosa dagli occhi profondi e brillanti color violetto dovesse provare per lui un sentimento più caldo dell'indifferenza. La ragazza (si chiamava Adèle) eludeva ogni tentativo di chiara comprensione a quel riguardo. È vero comunque che i tentativi erano goffi e azzardati con timidezza, poiché il generale D'Hubert aveva ormai preso chiara coscienza del numero dei suoi anni, delle sue ferite, delle sue molte imperfezioni morali, della sua segreta indegnità - e, detto per inciso, aveva imparato per esperienza il significato della parola «fifa». Per quanto riusciva a capire, la ragazza pareva suggerire che, grazie alla fiducia illimitata nell'affetto e nella saggezza di sua madre, non provava alcuna avversione insormontabile verso la persona di lui; e che questo era quanto bastava a una signorina di buona famiglia per inaugurare la vita coniugale. Tale disposizione feriva e tormentava l'orgoglio di D'Hubert. Eppure, con una sorta di dolce disperazione, il generale si domandava che cosa poteva aspettarsi di più. Lei aveva una fronte serena e luminosa. Gli occhi violetti le ridevano, mentre le linee delle labbra e del mento restavano composte in una mirabile gravità. Tutto ciò era messo in risalto da una



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