Cosmo by Witold Gombrowicz

Cosmo by Witold Gombrowicz

autore:Witold Gombrowicz
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2014-07-02T04:00:00+00:00


* In italiano nel testo.

7.

Tutto avveniva nella lontananza. Non fu quella casa ad allontanarsi da noi, fummo noi ad allontanarci da lei... e questa nuova casa immersa in un silenzio terrificante e smarrito, che le nostre urla combattevano invano, non aveva una propria esistenza, esisteva solo in quanto non era quell’altra, questa rivelazione mi folgorò, non appena scesi dal calesse.

“C’è un arcideserto qui, non un anima viva, tutta la casupola per noi, si vive una volta sola, che scorpacciate, ehi fratelli aiutiamoci a vicenda, e che, non ve l’avevo detto, paesaggetto da re delle montagne, lo vedrete poi, prima mettiamo qualcosa sotto i denti, denti, denti, avanti, avanti, allons enfants de la Patrie! ”

“Leo, i cucchiaini che sono nel sacco, Lena, i tovaglioli, accomodatevi, ognuno si sieda dove gli è più comodo, signor curato, qui, prego.” Al che tutti rispondevano: subito! Agli ordini, signora generalessa! Seduti! Ancora due sedie. Che festino! Lei qui signora... Presto i tovaglioli!

Ci si accomodava lungo una grande tavola nell’atrio, da dove diverse porte conducevano ad altre camere, e una scala al piano superiore. Queste porte erano aperte e lasciavano vedere delle camerette completamente spoglie, con solo i letti e le seggiole, una gran quantità di sedie. La tavola era sovraccarica di vivande, regnava un ottimo umore - chi vuole ancora vino? - ma era quel genere di allegria che si crea nelle feste, quando ognuno si sforza di essere allegro per non guastare l’umore agli altri, ma in realtà tutti sono un po’ assenti, come alla stazione, quando si aspetta un treno: quell’assenza si univa alla miseria di questa casa casuale, nuda, priva di tende, armadi, biancheria, incisioni, scaffali, con soltanto le finestre, i letti, le sedie. In un simile vuoto, non solo le parole, ma anche le persone, apparivano più rumorose. Pallina e Leo soprattutto sembravano come gonfiarsi nel vuoto e rumoreggiavano con la propria presenza, e il rumoreggiare accompagnava la caciara degli ospiti che mangiavano, nella quale spiccavano le risatine dei Lelli e le svenevolezze di Fucsio, già non poco ubriaco, che beveva, sapevo, per affogare nell’alcol Drozdowski e con lui la propria miseria, quel sentirsi escluso simile al mio con i miei genitori... lui, iellato, vittima, un impiegato irritante, che ti obbligava a chiudere gli occhi, o a guardare da un’altra parte. Pallina, geniale dispensatrice di insalate e salumi, ospitale, invitante, ma prego, prendetene, ce n’è per tutti, di fame non moriremo, ve lo garantisco io ecc., ecc.; preoccupata che tutto riuscisse alla perfezione, con eleganza, ecco una escursione originale e un divertimento in compagnia, ma nessuno potrà dire che non si è mangiato e bevuto a sazietà. E il raddoppiamento e il triplicamento di Leo, anfitrione, guida, iniziatore, ehi, ehi, tutti in coro, si va sulla montagna, dove la neve è alta così, allons, allons! Eppure le loro esclamazioni e la sfrenatezza, le conversazioni di questo banchetto, tutto ciò non era abbastanza presente e come limitato da una parzialità, rachitica, pallida e zoppa, che indeboliva... per qualche istante avevo addirittura l’impressione di vedere me e gli altri attraverso un binocolo, da lontano.



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