Cronache giapponesi by Nicolas Bouvier

Cronache giapponesi by Nicolas Bouvier

autore:Nicolas Bouvier [Bouvier, Nicolas]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2023-06-15T10:45:43+00:00


XVI.

Il piede del muro

Il Topo, la Lepre, il Cavallo, il Gallo,

il Bue, il Drago, la Pecora, il Cane,

la Tigre, il Serpente, la Scimmia, il Cinghiale.

Ecco l’antico ciclo zodiacale cinese in base al quale i Giapponesi indicano gli anni, i mesi e le ore del giorno. Il 1956 era l’anno della Scimmia; il 1966 quello del Cavallo di Fuoco, nel quale è vivamente sconsigliato mettere al mondo delle femmine.

Nel mese della Pecora dell’anno della Scimmia, ho creduto di aver risolto i miei problemi quando una rivista mi ha chiesto venti pagine, cioè ventimila yen pagabili alla consegna, su... Erasmo e Calvino! Il Giappone è il paese dei boom e in quell’estate era in pieno “boom culturale”. Ogni giorno nascevano nuove riviste con lo scopo di offrire al paese ciò che di più raro, sottile ed elaborato veniva prodotto all’estero. Ogni giorno, tuttavia, altrettante sparivano dopo essere arrivate al terzo numero. Bilanci troppo scarsi, uffici microscopici, redattori famelici e pieni di fascino... e ambizioni illimitate. Dante, Balzac, Shakespeare? Tutti autori arcinoti, adatti per quelli che leggono sulla metropolitana. No: volevano qualcosa di raffinato, erudito, sottile: Sénancour piuttosto di Rousseau, Buxtehude piuttosto di Bach. Erasmo e Calvino, dicevamo. Per fortuna a Tokyo ci sono delle biblioteche, dove ho speso i miei ultimi soldi a raccogliere opinioni più autorevoli della mia su quei due personaggi. Quando sono andato a consegnare l’articolo – un’ora di strada a piedi – in una viuzza del quartiere di Kanda, ho scoperto che la redazione era fallita, l’ufficio era chiuso e il direttore non c’era. Nel tardo pomeriggio l’ho ritrovato: si era già fatto assumere come poligrafo in un ero-zashi (rivista erotica). Ha subito preso la giacca e mi ha accompagnato al bar. Gli ho messo il mio testo sotto il naso: “Che cosa ne faccio di Calvino? Non lo potrò certo mangiare! E poi non ho più un solo yen”. Lui si è accarezzato un attimo il mento, mormorando a occhi chiusi komatta koto naa (qualcosa che mi fa arrossire), poi mi ha suggerito di estrarne due o tre pagine – “cambiando genere, capisce: i bagni, le donne... come Brantôme, insomma!” – che avrebbe proposto al suo nuovo capo. Ma io non avevo più il coraggio di trasformare in chiave licenziosa nemmeno Erasmo. Soprattutto, faceva troppo caldo. Con la mente svuotata dal calore estivo, ci squadravamo mangiando un hamburger-steak che sarebbe stato l’ultimo per molto tempo.

Perché non far dormire un po’ le sue truppe che non riposano da tre giorni? chiedeva un giornalista americano a un ufficiale giapponese della campagna di guerra in Cina. Si sentì rispondere: Perché i miei soldati sanno dormire benissimo, è il contrario che devono imparare.

Cominciavo a saper mangiare alla giapponese, per cui ho dovuto imparare a non mangiare affatto. Nei due mesi successivi alla guerra, quando si prendevano d’assalto i treni diretti in campagna per andare a scambiare le ultime reliquie di famiglia con due rape o tre uova, tutti i miei vicini di Araki-Cho ci sono dovuti passare. Del resto, un apprendistato



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