DURA SOLO UN ATTIMO, LA GLORIA - LA MIA VITA by DINO ZOFF

DURA SOLO UN ATTIMO, LA GLORIA - LA MIA VITA by DINO ZOFF

autore:DINO ZOFF [DINO ZOFF]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788852055324
editore: Mondadori
pubblicato: 2014-09-18T22:00:00+00:00


VII

Stelutis alpinis

Non è mica facile suonare la tromba. Non basta gonfiare i polmoni e soffiarci dentro con tutta la forza che hai. Ci vuole la tecnica. Oppure lo sai fare e basta, dal primo momento, come di solito capita ai predestinati. Mio nipote Pietro, per esempio, a quattro anni ha imparato a suonarla subito. Gliel’ho insegnato io: è tutta una questione di come metti le labbra, come le fai oscillare e le pieghi sull’ottone. Ci ha impiegato cinque minuti. Ha soffiato a vuoto, due, tre volte, finché eccola lì, la nota. Bella, giusta, pulita. Lui ha fatto un gran sorriso, lasciando di sasso tutti attorno.

Certe cose le senti, le sai fare per una spinta misteriosa che ti si muove dentro. Altrimenti devi allenarti, studiare bene la tecnica, non stancarti mai di provare e riprovare. E forse, solo forse, un giorno riesci ad arrivare a un ottimo livello. Da professionista. Ma l’arte, quella è un’altra cosa. Maradona era un artista. Era nato così. Altri invece hanno dovuto faticare per arrivare dove sono arrivati. E anche io. Chissà, forse anche per questo motivo mi piace la tromba, perché mi ricorda tutto il lavoro che ho dovuto fare per arrivare dove sono arrivato.

L’ho sempre tenuta assieme ai trofei, in casa, la mia tromba. Anche se adesso Pietro se ne è impossessato e l’ha messa nella cesta dei giochi. Me l’aveva regalata Nini Rosso, il famoso musicista. Si chiamava Celeste Raffaello Rosso, ma tutti lo conoscevano come Nini. Per spiegare il suo talento unico, sul finire degli anni Sessanta, avevano dovuto coniare una parola nuova di zecca: «trombautore». Il termine era orrendo, ma rendeva bene l’idea di quanto fosse particolare quello che lui riusciva a fare. Era un trombettista, ma anche autore. E cantante. Suonava e poi cantava. Parole improvvisate, come note. Sembrava che gli venissero in mente mentre ascoltava le sue stesse melodie, e che non riuscisse a trattenerle.

La tromba che ora ha Pietro era una di quelle che usava nei concerti in giro per il mondo. Un giorno è arrivato agli allenamenti con la sua aria gioviale resa poco seria dai baffoni d’ordinanza, e la stringeva tra le dita. La scena di questo signore sorridente che attraversa il campo da calcio sventolando all’aria una tromba era a dir poco surreale. Non era un gran periodo, per me, dal punto di vista sportivo. Mi ero da poco trasferito a Roma da Torino. Quel pomeriggio sgradevole in casa Agnelli era un ricordo ancora fresco, e lasciava il segno appena lo sfioravo, come la vernice su una panchina appena pitturata. Allenavo la Lazio. La squadra non andava male, ma eravamo comunque molto criticati. «Magari questa ti serve» mi disse ridacchiando, porgendomi il suo gioiello d’ottone. «Usala per suonare la carica ai tuoi ragazzi, così si svegliano in campo e iniziano a vincere.»

Mi feci una bella risata.

Magari era una buona idea, dissi, ma per il momento avrei continuato a usare metodi più tradizionali: allenamenti, tattica, atletica, psicologia. Quella tromba, però, la presi, eccome. E oggi rappresenta



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