Elogio della finta by Olivier Guez

Elogio della finta by Olivier Guez

autore:Olivier Guez [Guez, Olivier]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Neri Pozza
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


9. Street Art

Alcune figure del calcio di strada brasiliano, un breve glossario da cui emanano una certa poesia, tutto un immaginario, risate, sudore e piacere, Rio, notte, i terreni che costeggiano il mare a Flamengo; Trancoso, giorno, spiagge e sole bianchi, Stato di Bahia, il mio Brasile.

La pedalada: serie di doppi passi intorno e al di sopra della palla, ferma davanti al dribblatore. Forse a inventarla non è stato Robinho, come sostengono in Brasile (dove si rivendica la paternità di tutte le figure di stile del calcio), però l’ha perfezionata e a volte ne abusa. Ronaldinho è un maestro della pedalada e con questo giochetto, come con tutti gli altri, il portoghese Ronaldo se la cava bene.

Embaixadinha: i palleggi. I migliori palleggiatori usano tutto il corpo (tranne le mani e le braccia, se non per mantenere l’equilibrio o scostare un avversario), la nuca, il ginocchio, la coscia; il petto, le natiche, la testa, tutto, tutto, tutto, come animali da circo. Quando alcuni ragazzini fanno cerchio intorno a un formidabile palleggiatore, in musica, baile funk delle favelas (un misto di electro, rap e funk brasiliano, bassi mostruosi, ritmo frenetico, black booty beats), non siamo lontani dalla gara di break dance.

La foca: sottocategoria del palleggio. Come indica il nome, consiste nel muoversi con la palla sulla testa, in equilibrio, non ho mai capito in che modo, come un’otaria, o nel palleggiare con la testa, correndo. Rara in una partita ufficiale – suscita l’aggressività degli avversari, magari una testata –, la foca è incontestabilmente una hit in allenamento e a casa, davanti a moglie/i e figli.

Il drible da vaca: l’aggiramento o auto-passaggio. Il dribblatore e la palla si separano, uno passa a destra del difensore, l’altra a sinistra, ognuno per conto proprio per un breve istante prima di riunirsi di nuovo, nuove prove li attendono.

La caneta (penna) o ovinho (ovetto) o rolinho (involtino) o janelinha (finestrella): il tunnel. Abicì del dribblatore e incubo del difensore che teme l’umiliazione, la palla che passa fra le gambe, un ovetto, l’involtino. L’antropologo Roberto Da Matta ritiene che il tunnel sia l’espressione più chiara della malandrade del calciatore brasiliano, quel furbacchione.

Il chapéu o lençol: la scappellata. È un aggiramento aereo. Il dribblatore fa passare la palla al di sopra dell’avversario e la recupera alle sue spalle, mentre quello, poveraccio, lo sta ancora cercando con gli occhi. Il tempo che il difensore si giri e il dribblatore è già lontano. I più bravi, quando la palla ricade, la smorzano e la orientano con il petto, somma arte. Dai due mondiali messicani in poi (1970 e 1986) alcuni telecronisti abusano della versione ispanica del chapéu, logicamente tradotta con “sombrero”.

L’elastico o flip flap: il doppio tocco, geniale, spettacolare e temibile, il mio dribbling preferito (alla tivù, intendo; in campo, anche ai tempi del mio “splendore” nella squadra dell’università del Sussex, era tutt’altra storia). La palla è davanti al piede destro dell’attaccante. Lui finge di passarla sul sinistro mentre in realtà la tocca due volte con il destro, gamba elastica, hop, hop, sguscia come un serpente, il suo dirimpettaio è totalmente frastornato.



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