Erano ragazzi in barca by Daniel James Brown

Erano ragazzi in barca by Daniel James Brown

autore:Daniel James Brown [Brown, Daniel James]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788852068300
Google: zQCPCgAAQBAJ
editore: Mondadori
pubblicato: 2015-10-05T23:00:00+00:00


L’officina di George Pocock.

XII

Proprio come un bravo fantino si dice che diventi tutt’uno con il suo cavallo, un bravo vogatore deve diventare tutt’uno con la sua barca.

GEORGE YEOMAN POCOCK

Mentre Joe Rantz, Johnny White, Chuck Day e migliaia di altri giovani americani sgobbavano nei caldi recessi rocciosi della Grand Coulee nell’estate del 1935, migliaia di giovani tedeschi confluirono sul sito di un altro grandioso progetto di edilizia pubblica, questa volta a Berlino. Da quando Adolf Hitler vi aveva fatto visita nell’autunno del 1933, la distesa di 130 ettari del Reichssportfeld era drasticamente cambiata. L’ippodromo adiacente era stato demolito e le oltre cinquecento aziende ingaggiate dallo Stato nazista erano impegnate a preparare l’area per i Giochi olimpici. Per impiegare il maggior numero possibile di uomini, Hitler aveva decretato che praticamente tutto il lavoro fosse svolto a mano, anche quello che le macchine avrebbero potuto compiere in modo più efficiente. Tuttavia, il requisito essenziale era che gli uomini fossero «lavoratori conformati non sindacalizzati, di cittadinanza tedesca e di razza ariana».

Il progetto era imponente sotto ogni aspetto. La grande arena dello Stadio Olimpico, la cui base sorgeva 12 metri sotto il livello del suolo, era stata scavata e spianata, l’erba seminata nel campo centrale era già verde e rigogliosa. Centotrentasei colonne squadrate, tutte alla stessa distanza, erano state erette lungo il perimetro di quello che sarebbe diventato un colonnato a due piani. Erano stati costruiti i calchi per settantadue file di posti a sedere, sufficienti a ospitare 110.000 persone. In quei calchi stavano per essere versate 17.000 tonnellate di cemento. Gli operai stavano saldando 7300 tonnellate di lamiere. Al sito erano arrivati più di 30.000 metri cubi di pietra naturale, e centinaia di scalpellini erano al lavoro con martelli e ceselli per rivestire l’esterno dello stadio con blocchi di pregiata pietra calcarea della Franconia color avorio. C’erano palazzetti per l’hockey, per il nuoto e l’equitazione, un salone d’esposizione enorme e monolitico, una palestra, un anfiteatro greco, campi da tennis, ristoranti e un dedalo di edifici amministrativi, il tutto in varie fasi di completamento. Come lo stadio, la quasi totalità delle strutture era rivestita di pietra naturale, rigorosamente tedesca: altra pietra calcarea della Franconia, basalto dalle colline dell’Eifel, granito e marmo dalla Slesia, travertino dalla Turingia, porfido dalla Sassonia.

A ovest dello stadio era stata ricavata una vasta area pianeggiante per le adunate, il Maifeld, e si stava costruendo un’imponente torre campanaria in pietra calcarea. Alla fine, la torre sarebbe stata alta poco più di 75 metri. Avrebbe ospitato una grande campana con un’iscrizione lungo il bordo inferiore, racchiusa tra due svastiche: ICH RUFE DIE JUGEND DER WELT! (Chiamo a raccolta i giovani del mondo!). E i giovani risponderanno all’invito. Prima per le Olimpiadi, poi per qualcos’altro. Poco meno di dieci anni dopo, negli ultimi disperati giorni del Terzo Reich, schiere di appartenenti alla Gioventù hitleriana – ragazzini di dieci o undici anni – si acquatteranno sotto la torre campanaria tra blocchi di pregiata pietra calcarea della Franconia, le macerie degli edifici che si stavano costruendo



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