Eretico controvoglia by Filippo La Porta

Eretico controvoglia by Filippo La Porta

autore:Filippo La Porta
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bompiani
pubblicato: 2019-08-04T16:00:00+00:00


Il realismo di Čechov: la realtà liberata dalle sue pretese

Soffermandosi su una rappresentazione teatrale di Čechov, Chiaromonte mette e a fuoco la sua idea di verità. Che cos’è la verità a teatro, ma potremmo dire nell’arte? Čechov è scrittore realista, ritrae la realtà in ciò che essa ha di ineluttabile. Al centro del suo teatro troviamo soprattutto l’effimero (natura, oggetti, persone, rapporti sociali), e nell’effimero tutta la realtà è presente, sempre. Ora – questo il passaggio decisivo – per rendere tale realtà nella sua verità bisogna liberarla da tutto ciò che nasconde la sua essenza effimera, “tutto ciò che pretende”.11 Il punto è spogliare la realtà delle sue pretese e metterne in evidenza il carattere effimero, fatto di istanti che subito svaniscono (né il gioco né la festa “pretendono” qualcosa). È quel senso della “fugacità universale” che affiora anche in una terzina dell’ultimo canto del Paradiso, malgrado la concezione aristotelico-tomista di Dante, fondata sul senso dell’eterno e sulla stabilità dell’ordine divino.12

La verità del mondo è il passare del tempo, che nessuno può in nessun modo vincere o dominare: ogni cosa che passa è implicata nelle foglie che si perdono al vento, come la sentenza di Sibilla. Ma questo assoluto dell’effimero e della mortalità è per Chiaromonte lo scrigno prezioso che contiene anche ciò che è radicato nel passato e che merita di continuare, e che non coincide con gli scopi personali. La nostra persona è solo il tramite del durevole. Cosa abbia in mente Chiaromonte quando parla del “durevole” e di ciò che trascende gli impulsi momentanei e lo scorrere indefinito dei giorni, non è sempre chiaro. Certo, chi rifiuta la ricerca dell’utile e l’assolutezza dell’oggi, chi vive disinteressatamente, “interessato unicamente all’essere delle cose”, vive “per il senso che intravede nelle cose dell’esistenza”, e senza neanche volerlo indica “un possibile ordine”, una “norma di Bene”, e “indicando un tale significato lo fa essere”.13 Insomma, non si danno ordini preesistenti né essenze umane metastoriche: una cosa esiste solo perché noi vogliamo farla esistere con il nostro agire. E, seguendo Trilling, la fedeltà a se stessi coincide con la spontaneità irriflessa solo nelle persone umili, nei poveri di spirito, altrimenti è una laboriosa conquista che implica riflessione e continua autocorrezione.

Torniamo all’autenticità. Ha senso parlare ancora di buona fede nel palcoscenico dell’esistenza? Insieme a Chiaromonte, e con tutta la problematicità della sua impostazione, sarei tentato di rispondere di sì. Nella vita sociale siamo certo costretti a indossare una maschera, ma bisognerebbe farlo non per corrispondere alle aspettative degli altri, agli stereotipi e alle mode (come madame Bovary, che infatti smarrisce se stessa). Piuttosto, provando a trattenere, nel flusso magmatico dell’esistere, qualcosa che in quel momento sentiamo come indubitabilmente vero, che ha un’eco interna. D’altra parte la verità si manifesta solo nella recita, come l’essere si manifesta nel divenire.



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