Eroi di una guerra segreta by Meo Ponte

Eroi di una guerra segreta by Meo Ponte

autore:Meo Ponte [Ponte, Meo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Longanesi
pubblicato: 2018-09-18T22:00:00+00:00


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U238

Questo capitolo è dedicato al maresciallo Pasquale Cinelli, al vicebrigadiere Claudio Capocci e al carabiniere Denis Frison, paracadutisti del Tuscania, tutti e tre uccisi da tumori generati da uranio impoverito.

Francesco Papadia dalla missione in Kosovo è tornato diciotto anni fa ma continua a combattere. La sua è una battaglia che si affronta anche dopo aver lasciato la linea del fronte, una guerra che ti entra dentro e non ti lascia più. Francesco, ex ufficiale medico dei carabinieri paracadutisti del Tuscania, combatte da diciotto anni con un nemico invisibile ma letale: l’U238. È questa la sigla che definisce l’uranio impoverito utilizzato per confezionare a basso costo proiettili di artiglieria in grado di perforare le corazze dei carri armati. È materiale di scarto della raffinazione dell’uranio. Non contaminante al tocco. I proiettili di U238 al momento dell’impatto, però, sviluppano temperature tanto alte da nebulizzare i metalli, creando particelle che se ingerite o inalate possono causare forme tumorali.

Francesco Papadia è uno dei quattromila soldati italiani che sono tornati dai Balcani con una ferita mortale: un tumore. Altri 340 sono morti. La prima vittima di questa guerra silenziosa e dimenticata è stato un caporal maggiore della Brigata Sassari, Salvatore Vacca, morto di leucemia ventitré mesi dopo essere rientrato dalla missione in Bosnia. Per 150 giorni aveva trasportato munizioni e altro materiale bellico, considerato «ad alto rischio di inquinamento da sostanze tossiche sprigionatesi dall’esplosione dei proiettili», come dice la sentenza che condanna il ministero della Difesa.

È infatti nei Balcani che è stata maggiormente «combattuta» la guerra dell’uranio impoverito. I soldati italiani sono stati impegnati nei Paesi sconvolti da un lacerante conflitto dopo il crollo della Jugoslavia a partire dal 1995, prima con IFOR (Implementation Force) in Bosnia ed Erzegovina, la più grande forza multinazionale mai dispiegata dalla NATO, con sessantamila militari, e poi con SFOR (Stabilisation Force) dal 1996 al 2004, con KFOR (Kosovo Force) e con le missioni in Albania.

Il 3 novembre 2012 il tribunale civile di Roma per la prima volta ha stabilito un nesso causale tra la malattia contratta durante una missione in Bosnia, un linfoma di Hodgkin, da Andrea Antonaci, e l’esposizione all’U238, confermando che a uccidere il giovane soldato era stato l’uranio impoverito. I giudici hanno quindi condannato il ministero della Difesa al pagamento di un risarcimento di quasi un milione di euro ai familiari del soldato. Sono poi seguite altre 43 sentenze di risarcimento, 13 delle quali passate in giudicato. Sulle morti da uranio impoverito sono state istituite anche quattro commissioni d’inchiesta parlamentari e da più parti politiche è stata invocata una legge che chiarisca finalmente a chi vanno attribuite le responsabilità delle morti dei soldati e soprattutto come debbano essere definiti i risarcimenti. Gli alti comandi militari hanno però sempre respinto l’accusa di aver consapevolmente inviato i nostri soldati in aree contaminate.

Francesco Papadia si arruola come ufficiale medico tra i paracadutisti della Folgore subito dopo la laurea in medicina. «Credo di essere stato medico ancor prima di nascere» ironizza, «colpa del DNA, dato che non solo i miei genitori ma gran parte dei miei parenti sono medici.



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