Expo 58 by Jonathan Coe

Expo 58 by Jonathan Coe

autore:Jonathan Coe [Coe, Jonathan]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788858820643
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2015-04-06T22:00:00+00:00


Nei guai fino al collo

Il viaggio fu lungo (circa un’ora e un quarto, tirò a indovinare Thomas) e scomodissimo. Dopo una ventina di minuti, gli parve di capire che stavano lasciandosi dietro il ronzio del traffico cittadino per inoltrarsi nella campagna, anche se continuavano a procedere su strade maestre diritte. Ci furono abbastanza svolte a destra e a sinistra, in una successione casuale, da fargli sospettare che fossero solo un diversivo per confonderlo. Fu solo nell’ultimo quarto d’ora che la macchina rallentò e le strade parvero divenire più strette e tortuose. Thomas e Wilkins sarebbero stati sballottati di qua e di là per alcune sterzate improvvise se non fossero già stati incastrati uno contro l’altro.

Infine, dopo aver affrontato una salita non troppo ripida ma costante per parecchi minuti, la macchina si fermò per un momento, con il motore ancora acceso; poi fece una brusca svolta a destra, e si trovarono a viaggiare su una sterrata, di circa un chilometro e mezzo, piena di buche e cunette. Dopo di che, la macchina girò a sinistra e si fermò di colpo, una volta per tutte. Il motore fu spento e subito il sospetto di Thomas fu confermato: erano in aperta campagna. Il silenzio intorno a loro era profondo, e la profondità era accentuata dal bubolare insistente, a pochi metri di distanza si sarebbe detto, di un gufo solitario.

“Eccoci arrivati,” disse Wilkins. “Smontiamo da questo stramaledetto macinino.”

Scendere si dimostrò altrettanto difficile, un’operazione interminabile e sgradevole quanto salire; anche di più, nel caso di Thomas, perché era ancora bendato. Finalmente liberato dai confini della piccola vettura, rimase fermo nell’aria fresca per un momento, con la ghiaia sotto i piedi, finché sentì la canna della pistola di Wilkins piantata di nuovo nelle costole.

“Muoviamoci,” disse il suo rapitore. “Da questa parte. E niente scherzi per favore.”

Camminarono per quindici o venti metri sulla ghiaia. Poi qualcuno – Wilkins presumibilmente – bussò rumorosamente a una pesante porta di legno con un battente di ferro. La porta fu aperta ed entrarono. Non fu detta una parola.

Percorsero un corridoio che, a giudicare dal rumore dei passi di Thomas, era lastricato con basole di pietra. C’era un lieve dislivello che per poco non lo fece inciampare. Il corridoio era lungo, quindi Thomas immaginò che la casa – se era una casa – doveva essere piuttosto grande. Alla fine del corridoio venne aperta un’altra porta e Thomas fu spinto al di là.

“Ecco fatto,” disse Wilkins. “Siamo arrivati. Casa dolce casa.”

Slegò la benda e Thomas sbatté gli occhi nell’improvviso chiarore di un lampadario a soffitto. Sempre strizzando gli occhi, si guardò intorno. Era in una piccola stanza da letto al pianterreno, arredata in modo semplice ma comodo con pesanti mobili scuri. La finestra aveva le imposte chiuse. Le pareti erano tinteggiate di un giallo mostarda sporco e decorate con riproduzioni (o erano originali?) di paesaggi in stile fiammingo. Oltre a un letto singolo, c’erano una scrivania e una poltrona. Nel complesso aveva un aspetto molto più invitante del suo capanno al Motel Expo.

“Bene,” disse, rivolto a Wilkins.



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