Fai Bei Sogni by Massimo Gramellini

Fai Bei Sogni by Massimo Gramellini

autore:Massimo Gramellini [Gramellini, Massimo]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: ok
editore: Longanesi
pubblicato: 2012-02-28T23:00:00+00:00


21.

I miei denti furono così giudiziosi da costringermi a passare il Ferragosto in città.

Durante un doppio misto fra due tennisti e due scarsi (uno dei quali ero io) conobbi Alberto, un altro naufrago dell’estate che frequentava la redazione del Corriere dello Sport. La sera lo scortai alla partita del Toro, scrissi le mie impressioni su un foglio stropicciato e gliele regalai.

Quando di lì a qualche settimana lui partì per il servizio militare, venni convocato in ufficio dal suo capo per prenderne il posto. Si chiamava Orso ed era il primo giornalista che mi capitava di vedere all’opera. Dopo avergli parlato, pensai sarebbe stato anche l’ultimo.

«Alberto mi ha fatto leggere una paginetta demenziale e sostiene che l’hai scritta tu» esordì ricevendomi in piedi nell’atrio come un postulante. «Non ho capito se sei un pazzo o se hai soltanto avuto un’infanzia difficile. Un’ipotesi non esclude l’altra, ovviamente. Ma io propendo per la prima: un pazzo. Quindi con me ti troverai bene. Il tuo compito principale consisterà nell’andare a prendermi il caffè al bar senza versarne troppo sulle scale. Ti avverto: non hai alcuna possibilità di essere assunto, ma anche nell’ipotesi di pura fantasia che un brutto giorno tu riuscissi a coronare il tuo incubo e a diventare giornalista, ti faccio fin d’ora le mie condoglianze perché si tratta di un mestiere di merda. Accetti?»

Risposi di sì e mi ritrovai a battere a macchina brevi deliri su discipline sportive a me ignote come il pallone elastico e il tamburello per un compenso di mille lire a notizia: il prezzo di una brioche.

Ero finalmente qualcuno.

Il sogno di scrivere si era materializzato in forma imprevedibile, quando avevo creduto di non desiderarlo più. Se un sogno è il tuo sogno, quello per cui sei venuto al mondo, puoi passare la vita a nasconderlo dietro una nuvola di scetticismo, ma non riuscirai mai a liberartene. Continuerà a mandarti dei segnali disperati, come la noia e l’assenza di entusiasmo, confidando nella tua ribellione.

Io e Belfagor concordammo una tregua. In cambio della mia rinuncia a indagare le ferite dell’anima, il mostro si impegnava a non avvelenarmi con trasfusioni di sfiducia il sogno appena ritrovato.

Portai al giornale pochi caffè e parecchie storie, che un po’ alla volta divennero articoli: prima soltanto siglati, quindi addirittura firmati con nome e cognome.

Per procurarmi qualche altra brioche, Orso Capo mi rimediò una collaborazione alle pagine sportive del Giorno di Milano. E poiché la vita sa essere ironica, da lì volevano solo articoli sulla Juve.

Intanto papà stava prendendo congedo da Sveva. Un distacco punteggiato di pentimenti e scenate. Lei continuava a chiedermi aiuto, ma io fingevo di non accorgermene. Belfagor sapeva come comportarsi in queste situazioni: scantonando da ogni verità che fosse intrisa di sofferenza.

Anche mio padre sembrava essere stato contagiato dallo stesso morbo e, pur di spostare l’attenzione dalle proprie inquietudini, cominciò a interessarsi alla mia metamorfosi. Si muoveva con l’abilità di uno spadaccino che conosce i punti deboli dell’avversario. In mia presenza ironizzava sulla vacuità del mestiere di giornalista, ma davanti ai suoi colleghi declamava le mie cronache sportive neanche fossi stato la reincarnazione di Jack London.



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