Fai tutto bene by Marta Pagnini & Ilaria Brugnotti

Fai tutto bene by Marta Pagnini & Ilaria Brugnotti

autore:Marta Pagnini & Ilaria Brugnotti [Pagnini, Marta & Brugnotti, Ilaria]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Baldini&Castoldi
pubblicato: 2018-03-29T22:00:00+00:00


POPF

La tattica perfetta per conquistarmi. Con delicata determinazione. Non smetterò mai di ripeterlo: è stato Piero la spinta vitale che mi serviva. La scossa, la motivazione. Insomma a lui devo tanto, ma devo soprattutto la mia maturità. Mi sono sentita grande e consapevole al tempo stesso. Da quando ha deciso – e che decisione coraggiosa! – di intraprendere il cammino insieme a me, tutto è cambiato. Tutto.

Sono certa che se lui non fosse arrivato a stravolgere la mia routine quotidiana, io non sarei più tornata in squadra. Troppe sofferenze, sia fisiche sia morali. Tante difficoltà… Infortuni, malattie. Esclusioni. Accanimenti psicologici da parte di certe allenatrici. Il gioco non poteva più valere la candela. Avevo quasi vent’anni e avrei potuto dire basta. Bistrattata in pedana, eterna riserva, il nostro motto era: «Prima o poi finisce!» Questa espressione era venuta fuori durante un allenamento particolarmente intenso. La disse Erika Buratti, amica e «compagna di viaggio» nei miei anni da riserva, e, seppur apparentemente banali, quelle parole mi strapparono un sorriso, rendendomi meno pesante quella giornata. «Prima o poi finisce» divenne, così, una frase ricorrente nel vocabolario di tutta la squadra.

Sì, perché alla fine la squadra è come una micro comunità che si autoalimenta in tutti i suoi aspetti: dal modo di vestire a quello di comportarsi, incluso il modo di parlare. Quando nasce una «tendenza», inevitabilmente, si espande a macchia d’olio fra tutte le compagne.

Un altro «tormentone» di questa squadra è stata l’esclamazione «Pazzesco!» Non ricordo nemmeno come venne fuori, ma prese il sopravvento, tanto che tutte noi lo utilizzavamo per qualsiasi risposta. Un’esagerazione! Se ne accorse anche Emanuela che, ridendo, ci ammonì dal ripeterlo, promettendo di farci pagare una multa se qualcuna di noi l’avesse detto ancora.

POPF: questo l’acronimo che scrivevamo un po’ ovunque. Sul diario di Facebook e dove mi capitava; perché era quello che pensavo – e speravo – costantemente: la situazione, ormai insopportabile, si sarebbe risolta, perché avrei posto la parola fine. E voltato pagina, senza rimpianti.

C’è un episodio, uno fra tanti peraltro, che meglio rappresenta il mio stato di frustrazione e di sofferenza nei confronti della vita da ginnasta. Forse il più emblematico, degno di essere raccontato. Mi trovavo a Follonica, era l’estate del 2010. Certa ormai di essere riserva, venivo però spesso chiamata a sostituire Elisa Blanchi, perché non in perfetta forma fisica. Così passavo, con un pizzico di orgoglio, dalla pedana delle riserve alla pedana della squadra titolare. Un giorno ricevetti persino i complimenti di Emanuela, per aver bene eseguito la parte di Elisa, senza aver commesso errori. Fu per me una piccola grande soddisfazione che ripagava, in parte, di tutti i sacrifici affrontati in palestra. Così, con una bella iniezione di fiducia, tornai sull’altra pedana.

Continuammo a provare, noi riserve, sotto un caldo asfissiante, diverse collaborazioni dell’esercizio, fino a quando una mia compagna svenne. Naturalmente presi subito le sue difese, chiesi all’assistente di poterle dare dell’acqua. Mi mise a tacere dicendo che non dovevo fare l’avvocato del diavolo, tirando in ballo, per l’ennesima volta, i miei genitori avvocati.



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