Falso bersaglio 3 by Arne Dahl

Falso bersaglio 3 by Arne Dahl

autore:Arne Dahl
La lingua: ita
Format: azw3, epub, mobi
ISBN: 9788831738835
editore: Marsilio
pubblicato: 2000-10-27T22:00:00+00:00


23.

Domenica pomeriggio. Tempo di bilancio per la festa di mezza estate. Più sbornie del solito. Più stupri del solito. Più violenza del solito. Più mezza estate del solito.

Anche se non era affar loro.

Paul Hjelm sperava che la riunione del giorno prima non si ripetesse tale e quale. Era stato penoso. Mezzo gruppo era assente, Söderstedt e Norlander a Kumla, Nyberg impegnato in un caso di pedofilia. E gli altri non erano dell’umore giusto. Hultin era entrato dalla porta un tempo misteriosa, aveva sbattuto delle carte sul tavolo e si era seduto. Nessuno dei pochi presenti, Hjelm, Holm, Chavez, voleva dire per primo che non era successo niente. Nemmeno Hultin lo voleva dire apertamente. Per cui si erano salutati e se n’erano andati, un po’ confusi.

Quel giorno i presupposti sembravano un po’ più incoraggianti. Tutti erano al loro posto, e sembravano un po’ meno impacciati. Chiacchieravano, un borbottio sordo. Jan-Olov Hultin li fissò attraverso i suoi occhialetti tondi e li zittì dichiarando: «Ho da fare una confessione.»

Un’apertura insolita.

«Ho messo in guardia Rajko Nedic.»

Si guardarono l’un l’altro.

Chavez arricciò il naso. Nessuna indignazione.

«Ho pensato che fosse meglio tirare le briglie. E poi volevo molto semplicemente presentarmi. Sono andato a fargli visita a Danderyd. Non stava festeggiando la mezza estate, stava lavoricchiando in un giardino che pareva un piccolo Eden.»

«E lui cosa ha detto?» domandò Chavez.

«Niente di utile» disse Hultin. «Ha parlato dell’aquilegia come prova dell’esistenza di Dio. E ha negato tutto.»

«Che novità» borbottò Nyberg.

«Ora, signora e signori» disse Hultin, «i vostri successi. Qualcuno si sente ispirato?»

«Io ho pensato a una cosa» disse Chavez. «Una cosa che ha detto Åkesson a Sickla sulle impronte intorno alla sagoma della valigetta. Ne sono state contate otto. Reebok numero 40 di quattro anni fa.»

«Quattro anni fa?» disse Norlander sconcertato.

«Sì» disse Chavez, dando un’occhiata a uno dei rapporti di Brynolf Svenhagen. Ce n’erano quanti se ne voleva, Svenhagen doveva essere in estasi.

«Le suole hanno un disegno diverso ogni anno» spiegò Kerstin Holm con l’aria di chi se ne intende.

«Veniamo al dunque» disse Hultin.

«Uno, le impronte vanno nella direzione sbagliata; due, gli uomini di Niklas Lindberg non sono così distratti da lasciare delle impronte.»

«Però sono così distratti da farsi ammazzare» disse Hultin stringendosi nelle spalle. «La metà di loro è stata colpita da uomini che erano già stati perquisiti. Forse stiamo sopravvalutando la loro professionalità. E che i passi vadano nella direzione sbagliata probabilmente significa solo che quello che è andato a prendere la valigetta e l’ha trovata nel sangue del suo compare è rimasto sconvolto. Ha calpestato il sangue e ha fatto qualche passo per ripulire le scarpe. Si è voltato ed è tornato indietro. Cerchiamo di non vedere una gallina in una piuma.»

«Era solo un’osservazione» borbottò Chavez, e pensò ai cesti da intrecciare e ad altre attività adatte ai pensionati.

«Numero 40» disse Hjelm. «Un uomo minuto? Una donna? Eskil Carlstedt calzava almeno il 47.»

«46» precisò Chavez con lo sguardo fisso sul rapporto.

«Non c’è corrispondenza fra il resto del corpo e il piede» disse Kerstin. «O fra altre misure.



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