Filosofie nel mondo by AA.VV

autore:AA.VV. [AA.VV.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Philosophy, General, Essays
ISBN: 9788858764831
Google: NdygDQAAQBAJ
editore: Giunti
pubblicato: 2014-04-15T22:00:00+00:00

2.6. L’evoluzione dello slavofilismo nella seconda metà dell’Ottocento

2.6.1. Il gruppo dei “počvenniki” e la figura di Dostoevskij

In parallelo e in polemica con i movimenti radicali degli anni sessanta e settanta si costituì il cosiddetto gruppo dei počvenniki (da počvennost’ = “radicamento al suolo”). Tale gruppo, organizzatosi nella prima metà degli anni sessanta intorno alle riviste pietroburghesi Vremja (Il tempo, 1861-63) ed Epocha (Epoca, 1864-65), ebbe come suoi eminenti rappresentanti e ideologi il romantico schellinghiano Apollon A. Grigorev, l’esponente della destra hegeliana Nikolaj N. Strachov e Michail M. Dostoevskij, trovando tuttavia nel fratello di quest’ultimo, il romanziere Fëdor M. Dostoevskij, il suo grande corifeo. L’ideologia del “radicamento al suolo” si concretizzò come riattualizzazione, in forma rinnovata, del tema dell’“umanità universale” alla base del dibattito storico-filosofico che aveva diviso, negli anni quaranta, slavofili e occidentalisti. A tale dibattito aveva partecipato anche il giovane Dostoesvkij, che a quel tempo aveva aderito allo storicismo democratico così come era stato sviluppato da Belinskij e Kavelin. Nell’ottica occidentalista l’“umanità universale” si presentava come quel pacifico quanto organico rinnovamento dell’umanità tout court che la borghesia europea avrebbe realizzato in forza degli ideali democratici portati avanti dalla Rivoluzione francese: liberté, égualité e fraternité. Da questo assunto scaturiva l’idea che solo un organico inserimento nella civiltà europea avrebbe permesso alla Russia di realizzare la sua “vocazione universale”. La caratteristica dei počvenniki, rispetto a questa piattaforma, consistette non tanto nel riprendere il tema quarantottesco dell’“umanità universale” e porlo alla base del rapporto Russia-Europa, quanto nel tentare di riattualizzare le istanze utopiche di quell’ideale in un’epoca, quella degli anni sessanta, in cui le diverse borghesie nazionali europee, sempre più intente all’accumulo di capitali e all’espansione dei mercati, si mostravano inclini a creare e sostenere ideologicamente dinamiche di conflitto, e non di unione, tra le varie realtà politico-economiche dell’Europa. In una situazione storica che mostrava quanto poco utopici e universali fossero i valori abbracciati dalla borghesia europea, i počvenniki vennero spinti a cercare un altro punto di riferimento per sostanziare l’ideale quarantottesco dell’umanità universale, trovandolo slavofilicamente nel popolo russo. Nel loro programma tale popolo diventò il portatore di un innato, quasi genetico-razziale, istinto universalmente umano in virtù della sua specifica quanto radicata cultura religiosa. L’umanità universale, intesa come nuova comunità di anime riunite sotto il principio della fratellanza cristiana, si trasformava così in una condizione spirituale assoluta del popolo russo che, in quanto popolo portatore di Dio, diventava capace di una nuova sintesi universale, al punto da risultare investito direttamente dalla Provvidenza di una missione salvifica nei confronti dell’intera umanità. In questa mitizzazione del popolo russo – capace di “pronunciare la parola definitiva della grande e generale armonia, l’accordo definitivo e fraterno di tutte le stirpi secondo la legge evangelica di Cristo” (F. M. Dostoevskij, Reč;’ o Puškine [Discorso su Puškin], in “Dnevnik pisatelja” [“Diario di uno scrittore”], 1880; trad. it. di E. Lo Gatto, Diario di uno scrittore, Firenze, 1981, p. 1284]) –, i počvenniki si distaccavano tuttavia dagli slavofili nel giudizio che essi davano al processo di europeizzazione realizzato dalle riforme di Pietro.

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