Fino all'ultimo giorno della mia vita by Salvatore Borsellino & Benny Calasanzio

Fino all'ultimo giorno della mia vita by Salvatore Borsellino & Benny Calasanzio

autore:Salvatore Borsellino & Benny Calasanzio [Borsellino, Salvatore & Calasanzio, Benny]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Aliberti
pubblicato: 2022-07-14T22:00:00+00:00


Il funerale senza Stato

Paolo e i ragazzi della sua scorta, che fino all’ultimo si erano stretti attorno al loro giudice, non poterono avere un funerale comune perché, prima di seppellirlo, aspettammo che tornasse Fiammetta dalla Thailandia, e ai funerali di quei ragazzi, che furono funerali di Stato, io non potei partecipare perché ero ancora nella sacrestia accanto alla bara di mio fratello. Per i funerali di Paolo invece la nostra famiglia rifiutò i funerali di Stato e volemmo che fossero celebrati in forma privata: nessuna istituzione sarebbe dovuta intervenire come tale. Palermo diede il suo addio a Paolo nella chiesa di Santa Luisa di Marillac, la chiesa, di fronte alla sua casa in via Cilea, in cui Paolo andava sempre a pregare. Soltanto al presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro fu permesso di sedere accanto ad Agnese. Tutti gli altri rappresentanti delle istituzioni presenti parteciparono alla funzione in piedi in mezzo al popolo di Palermo che riempiva la chiesa per salutare il suo giudice. Ricordo Cossiga, ricordo Martelli, anche se la loro presenza mi era del tutto indifferente, in quella folla non si notavano neppure le loro scorte. Quanto al presidente Scalfaro oggi non sono più convinto, come allora, che quello fosse il posto giusto per lui, lo considero uno di quelli che avrebbe avuto qualcosa da raccontare prima di abbandonare per sempre questo mondo. Allora, infatti, tutti noi familiari pensavamo che al massimo, nell’omicidio di Paolo, ci fossero state omissioni da parte dello Stato, una colpevole mancanza di protezione; che invece fosse stata una strage di Stato ci ho messo anni per pensarlo prima e per capirlo poi. Negli anni in cui rimasi in silenzio, infatti, leggendo e iniziando a cercare con sempre maggiore avidità notizie, soprattutto sul web, ho cominciato a rendermi conto dell’orrore. All’inizio pensavo, appunto, che fosse stato protetto poco, magari a qualche remota complicità, non certo che mio fratello fosse stato ammazzato direttamente da pezzi dello Stato.

Di quel funerale, dicevo, ricordo soprattutto la folla fuori dalla chiesa che urlava «Paolo, Paolo» e l’intensità con cui gridava al cielo quel nome. Quando abbiamo messo mio fratello nel carro funebre tutta quella gente piangeva, continuava a gridare e io ricordo tutte le loro facce, sembrava che stessero facendo un voto a Paolo, una promessa, come se gli stessero dicendo che avrebbero pensato loro a continuare la sua battaglia contro la mafia, a lottare per lui, che non avrebbero mai mollato. Quell’amore che avevo visto attorno a Paolo, ma ora mescolato a rabbia, quella rabbia che aveva trovato il suo apice ai funerali degli agenti della scorta, lo leggevo in quelle urla. Emozioni così intense che è impossibile descrivere con parole, forse si potrebbe solo attraverso una poesia, come ha fatto Marilena Monti in un componimento bellissimo, Giudice Paolo, che descrive come meglio non si potrebbe quei momenti. Ho chiesto a Marilena che ogni anno venga a leggerla in via D’Amelio all’ora esatta della strage.

Un altro ricordo di quei giorni è lo studio di Paolo a casa sua,



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