First man - Il primo uomo by James R. Hansen

First man - Il primo uomo by James R. Hansen

autore:James R. Hansen [Hansen, James R.]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858695104
editore: Rizzoli
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


a. Traduzione mia (NdT).

Parte sesta

ESPLORATORE LUNARE

Chi porterà a casa la ricchezza delle Indie, dovrà saperla portare.

Scritta sulla facciata della Union Station a Washington DC

Ci dissero: prima salvate le rocce lunari. Di quelle ne abbiamo solo una borsa, di astronauti ne abbiamo tanti.

MIKE MALLORY, membro del team di sommozzatori della marina che recuperò la navicella Apollo 11 dopo l’ammaraggio nell’Oceano Pacifico il 24 luglio 1969

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L’andata

Per Armstrong, Collins e Aldrin, il viaggio nello spazio iniziò negli alloggi dell’equipaggio tre ore e mezzo prima del decollo, poco dopo le 06:00 del mattino del 16 luglio 1969, quando i tecnici collegarono i caschi degli astronauti alla tuta fissandoli sugli anelli all’altezza del collo e facendoli scattare in posizione. Da quel momento in poi, i tre uomini del primo sbarco sulla Luna smisero di respirare l’aria esterna. L’unica voce umana che potevano sentire era quella che penetrava elettronicamente attraverso la barriera protettiva delle tute pressurizzate e vedevano il mondo filtrato dalla visiera del casco. Dentro quel bozzolo protettivo, potevano odorare, percepire, toccare e gustare solo quello che la tecnologia moderna aveva creato per loro.

A differenza degli altri, Armstrong aveva già familiarità con l’isolamento, poiché da pilota collaudatore a Edwards si era abituato alla costrizione delle tute di volo pressurizzate. Rispetto alla tuta a pressione parziale e al casco indossati per salire a candela sull’F-104 o per raggiungere il limite dello spazio a bordo dell’X-15, la tuta dell’Apollo risultava più ampia e facile da manovrare.

Quando alle 06:27 gli astronauti di Apollo 11 lasciarono l’edificio operativo del Manned Spacecraft Center indossando le galosce gialle protettive per raggiungere il pulmino climatizzato che li avrebbe condotti alla rampa di lancio 39A, a dodici chilometri di distanza, ogni atomo del loro corpo si accorse di avere abbandonato la consueta dimensione naturale e di essere entrato nell’ambiente totalmente artificiale in cui sarebbe sopravvissuto nello spazio cosmico.

Partendo per la missione, Neil, Mike e Buzz riponevano enorme fiducia nel razzo Saturn, ma le prestazioni di un razzo non erano mai affidabili al cento per cento. «Era di certo una macchina potentissima» affermò Armstrong. «Ma non era perfetta.» Il Saturn V era nato in fretta. La velocità fenomenale con cui era stato realizzato era il risultato di una strategia chiamata “all-up testing”, una nuova filosofia di ricerca e sviluppo adottata dalla NASA di cui si era fatto promotore il dottor George Mueller, amministratore delegato per i voli spaziali con equipaggio umano. Per lo sviluppo del Saturn V, Mueller aveva ingranato la quarta, richiedendo che il razzo fosse testato sin dall’inizio con tutti e tre gli stadi “attivi” e pronti contemporaneamente, evitando quindi di collaudare i singoli stadi uno per volta per poi assemblarli solo dopo averli provati singolarmente.

Non sarebbe stato altrimenti possibile rispettare la scadenza fissata da Kennedy. Ma quella non era la strategia ottimale per garantire la costruzione di un razzo impeccabile, soprattutto considerato che si trattava di un congegno nuovo tanto vasto e complesso, capace di una spinta propulsiva eccezionale di circa 3,5 milioni di chili.

Quando l’equipaggio si installò nella navicella, sopra



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