Fortuna criminale by Fausto Gimondi

Fortuna criminale by Fausto Gimondi

autore:Fausto Gimondi [Gimondi, Fausto]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Longanesi
pubblicato: 2023-09-11T22:00:00+00:00


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La vita è un varieté

Girava voce che per vincite superiori a venti milioni lo Stato pagasse attraverso la cessione di terreni o case del demanio in Sardegna.

Quel fulminato del Budda me lo confermava sostenendo che il termine «lotto» originariamente indicasse proprio un insieme di proprietà immobiliari e che secoli fa fosse uso pagare le vincite in terreni. Poi, per trasposizione, ciò che designava il montepremi passò a identificare il gioco stesso. Mi disse che glielo aveva spiegato il suo professore di diritto privato.

Davide aveva chiesto chiarimenti a un cugino che vantava la vincita di un ambo da dieci milioni. Gli disse che per la riscossione si parlava di tempi lunghi. Quattro, anche cinque mesi dalla vincita.

Terreni in Sardegna e l’attesa di mesi non facevano per noi.

Avevamo bisogno di soldi, e subito, perché avevamo deciso di festeggiare la vincita del 15 aprile con una festa e il Budda aveva già ordinato mezzo etto di coca e due di fumo. E poi volevamo continuare a giocare.

Così, i primi di maggio del 1995, andai con Davide a casa del padre di un suo amico, un cravattaro di Buccinasco che prestava denaro al venti per cento di interesse. Mi consegnò sull’unghia quindici milioni con la promessa che gliene avrei restituiti diciotto nel giro di un mese. A garanzia gli diedi la fotocopia del biglietto vincente.

Passarono pochi giorni per rendermi conto che avevo fatto una stronzata, che mi stavo cacciando in un mare di guai. Era il momento di confessare tutto ai miei.

«Ho avuto dei numeri da giocare al Lotto da amici. Io non ci credevo. Loro hanno insistito. E ho vinto duecentocinquanta milioni!»

Mia madre, sbalordita dalla cifra, si bevve la mezza verità e rivalutò le mie amicizie con i terün balòss vöia de laurà saltum adoss.

Mio padre, invece, intuì la mezza menzogna ma non indagò oltre e organizzò un incontro con il direttore della locale filiale della Banca Commerciale Italiana.

Il direttore ci spiegò che la storia dei terreni in Sardegna era solo una bufala, che avrebbe provveduto lui stesso a fare richiesta al concessionario del Lotto, e che entro massimo sessanta giorni la somma vinta sarebbe stata accreditata sul conto corrente, che sempre lui stesso mi avrebbe aperto all’istante, «naturalmente se lei desidera avere il privilegio di diventare uno dei nostri stimati e distinti correntisti» disse.

Lunedì 5 giugno, poco dopo un mese dall’apertura del conto, la banca chiamò mio padre. Era stata accreditata l’intera somma.

Avevo diciannove anni, niente da nascondere – si fa per dire –, un conto in banca milionario, e un soprannome coniato dal Budda, Golden Boy.

Prelevai subito venti milioni per ripagare il prestito al cravattaro, piazzare qualche scommessa con Toni e offrire una cena come si deve agli amici.

Da quel giorno cambiò tutto.

Per prima cosa fui costretto ad abbandonare la gelateria di Giorgio e gli amici delinquenti. Fu una decisione difficile, ma non volevo attirare l’attenzione sui soldi vinti, con il rischio di finire in mezzo a qualche indagine. Nemmeno intendevo compromettere il piano dello Zoppo, che poi era anche quello di mio zio, il Drago.



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