Gli aquiloni by Gli aquiloni (Neri Pozza 2017)

Gli aquiloni by Gli aquiloni (Neri Pozza 2017)

autore:Gli aquiloni (Neri Pozza, 2017)
La lingua: ita
Format: epub
editore: Neri Pozza
pubblicato: 2017-11-24T05:00:00+00:00


27.

Nel novembre 1941, quando il silenzio che veniva dalla Polonia diventava ogni giorno di più quello delle fosse comuni, mi ritrovai al maniero per i miei esercizi di memoria. Quella stessa mattina erano venuti a farci visita alla Motte gli uomini del capo della Gestapo di Cléry, Grüber, perché le buone lingue avevano diffuso la voce secondo cui Ambroise Fleury aveva fabbricato un aquilone a immagine della Croce di Lorena e si apprestava a lanciarlo molto in alto, affinché potessero vederlo da Cléry a Clos e da Jonquière a Prost. Non era vero; mio zio era troppo sicuro di sé per non essere prudente; i tedeschi non trovarono nulla che non figurasse in tutti i manuali autorizzati di storia della Francia; ebbero qualche esitazione di fronte a una Giovanna d’Arco portata da venti colombe, ma, come Ambroise Fleury fece loro notare ridendo, non si poteva mica impedire a Giovanna di salire in cielo. Offrì del calvados ai visitatori e mostrò loro il diploma di miglior artigiano di Francia che aveva ricevuto sotto la Terza Repubblica; e siccome, senza la Terza Repubblica, i nazisti non avrebbero vinto la guerra, l’Obersturmbann-Führer disse Gut, gut e se ne andò.

Erano le cinque del pomeriggio; ero in piedi al centro del vecchio tavolato polveroso del solaio; l’irta nudità dei rami oscurava i lucernai; il pianoforte di Bruno taceva; avevo un bel chiudere gli occhi, non vedevo niente. Quella sera il buon vecchio senso comune aveva la vita particolarmente dura. I tedeschi si avvicinavano a Mosca e la radio annunciava che Londra si stava riducendo in polvere.

Con non so quale sforzo disperato riuscii a superare il momento di debolezza. Lila mi tenne il broncio ancora per un po’, provava sempre piacere a mettere alla prova la mia fede, e poi scorsi Tad che cercava sul mappamondo i nomi delle nostre future vittorie, e finalmente Lila mi si gettò tra le braccia. Un valzer, soltanto un valzer, ma non appena cominciò a girarmi la testa, tutto ridivenne intatto. Lila, con la testa gettata all’indietro, rideva tra le mie braccia; Bruno suonava; Tad se ne stava indolentemente appoggiato a uno di quei mappamondi che descrivono così male la terra, perché ne ignorano le disgrazie; ero di nuovo sicuro della nostra sopravvivenza e del nostro futuro, perché sapevo amare.

Continuavo a ballare il valzer così, con gli occhi chiusi e le braccia aperte, dando libero corso alla mia follia, quando sentii la porta cigolare. Lì il vento entrava da tutte le parti e, nella foga della mia celebrazione, non ci avrei prestato attenzione, se non avessi commesso l’errore, sempre grave in quelli che vivono di fede e di immaginario, di aprire gli occhi.

Sulle prime vidi solo la sagoma di un ufficiale tedesco che si stagliava su un rettangolo nero.

Poi riconobbi Hans. Mi girava ancora un po’ la testa e pensai di essere soltanto vittima di un eccesso di memoria. Mi ci volle qualche secondo per essere sicuro. Era proprio Hans. Stava lì, di fronte a me, nella sua divisa da vincitore.



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