i 43502196219153c7 by Unknown

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autore:Unknown
La lingua: eng
Format: epub


stupendi

di

forme,

rizzarono

le

orecchie, scossero le criniere, si mossero.

- Belli, vero? Madre e due figli. La Campana ha fatto Din, Don. Cosa ne

dice?

- Ben trovata!

- Vuol vedere anche Ciù? E' il cavallo di mia moglie. Anche Furio ebbe

un Ciù. Morì presto di noia.

Anna guardava senza interesse.

- Che farà Renata? Dove sarà? - si domandava.

Quasi leggendo nel suo pensiero Momo osservò:

- Io cerco di distrarla, ma vedo che lei pensa ai nostri ragazzi. A quest'ora

volano a duecento chilometri verso il loro nido d'amore.

Anna rise, ma dagli occhi le rotolarono due lacrime.

- Piange? Perché?

- Per essere in carattere col mio tipo di suocera, - scherzò.

Uscirono.

106

Aura li attendeva. Momo le lasciò sole e le due signore parlarono a lungo

dei loro figlioli.

La zitella, gaia, buona, brutta, d'una bruttezza intelligente, conquistò

presto Aura.

- Rimanga con me qualche giorno - pregò Aura.

E Anna rimase.

Non aveva il coraggio di ritornare subito lassù, nella casa dove non c'era

più Renata.

La fanciulla aveva pregato Furio di scegliere una casa vicina il più

possibile all'aeroporto. Ma Furio preparò per lei un nido stupendo a qualche

chilometro dal campo.

- In cinque minuti di volo e mezz'ora di automobile sarò da te. Non ti

voglio vicina all'aeroporto. Dovrei presentarti colleghi e amici, sarei costretto

a riceverli, la nostra casa sarebbe sempre piena di gente. E io ho troppo

bisogno d'essere solo con te. T'ho aspettata per tanti anni, Beba!

Mormorò il piccolo nome che gli era salito dal cuore la prima notte

d'amore, quando Renata addormentandosi cheta e sorridente nella gran

chioma soffice e bionda gli aveva richiamato alla mente la bambola di Elma.

La villa era lontana dall'abitato, e nel giardino Furio aveva messo in

libertà due cani danesi.

Aura aveva detto al figliolo:

- Sarà troppo sola, Renata. Perché non le prepari una bella casa a

Milano?

Ma non aveva continuato, sorpresa dal pallore improvviso di Furio.

Intelligente come era, Aura comprese subito e, guardandolo negli occhi,

domandò:

- Sei geloso?

- Da morirne, mamma!

- E' la malattia dei Villafranca. Povera Renata! Sii giusto e gentiluomo,

Furio; non farla soffrire. Ella deve essere profondamente buona e onesta, ed

è tanto bambina!

- E' un angelo, ma è troppo bella.

- Dovevi pensarci prima.

Furio chinò il capo e la madre gli accarezzò i capelli mormorando:

- Povero ragazzone mio!

Sola per ore e ore Beba viveva per attendere il ritorno di Furio che

piombava qualche volta dal cielo, o arrivava come una freccia dalla strada.

107

Vivevano un'appassionata vita d'amore e di baci, unendo in catena ore

belle a ore più belle.

Un mattino Furio, già pronto per uscire, impallidì improvvisamente.

- Furio! Hai male? - domandò Beba spaventata.

- Ho un male di capo atroce. Mi par d'aver nel cervello un ferro rovente.

- Non partire, còricati - pregò la donna.

- Non è possibile: devo essere all'aeroporto.

- Ma non devi volare, se stai male! Telefona a Sant'Elmo, accomoderà lui

le cose.

Beba balzò dal letto e in pigiama passò nella stanza attigua.

Telefonò all'aeroporto, parlò con Mino.

Nelle prime ore del pomeriggio Mino arrivò. Lo accolse Renata e gli

parlò dell'improvviso malore di Furio.

- Ancora? - domandò stupìto il giovane.

- Perché ancora?

- Non sa? Ieri, appena sceso dal volo, Furio ebbe un momento di

vertigine.

Renata tremò.

- Forse il mio amico le vuole troppo bene, duchessa.



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