I Falsi Protocolli by Sergio Romano

I Falsi Protocolli by Sergio Romano

autore:Sergio Romano [Romano, Sergio]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
pubblicato: 2011-12-15T09:04:46+00:00


lettera accusavano il sionismo di avere organizzato i massacri di Auschwitz, Dachau, Leopoli e Vilnius. Lo fecero – si affermava nella lettera – «per tagliare i rami secchi negli alberi della loro gente». Il tema della segreta alleanza fra gli ebrei e Hitler ricorre frequentemente nel più recente antisemitismo russo ed è, in una prospettiva russa, del tutto indispensabile perché evita l’imbarazzo in cui si troverebbero i nazionalisti slavi e i nazional-comunisti se dovessero ammettere che il nemico della loro patria, Hitler, fu al tempo stesso nemico degli ebrei. Occorre evitare che agli ebrei possa attribuirsi nelle vicende della seconda guerra mondiale il ruolo della vittima. Occorre evitare che la teoria dell’onnipotenza ebraica possa essere intaccata da un episodio «anomalo» come l’Olocausto. Certo, l’ipotesi di un patto segreto fra nazismo e giudaismo sarebbe, altrove, stravagante e insostenibile. Ma in Russia, dove l’Olocausto fu percepito come un avvenimento remoto e dove è diffusa, grazie ai Protocolli, la convinzione che l’ebraismo sia capace di illimitate personificazioni e di spregiudicate strategie, queste affermazioni trovano credito presso alcuni settori dell’opinione. Tra i firmatari della lettera troviamo, insieme a Šafarevič e ad alcuni esponenti della vecchia nomenklatura, uno scrittore siberiano, Valentin Rasputin, che ebbe una parte importante durante gli anni Settanta e Ottanta nel difendere l’ambiente e i valori della tradizione rurale contro le insidie dell’inquinamento e della modernizzazione. A un giornalista del New York Times Rasputin disse in quei mesi:

«Credo che gli ebrei debbano sentirsi responsabili di un peccato: la rivoluzione e la forma che essa ha preso. Dovrebbero sentirsi responsabili del terrore, di quello che si scatenò durante la rivoluzione e soprattutto di quello che venne dopo. Hanno avuto una parte considerevole e la loro colpa è grande, sia per questo, sia per l’assassinio di Dio.»

I Protocolli sono troppo screditati agli occhi dell’ intelligencija russa perché Šafarevič, Rasputin o Andreevna, pur saccheggiandone la filosofia; facciano esplicito riferimento alla loro «autorità». Ma sono il «catechismo» di un’organizzazione che nacque a Mosca verso la fine degli anni Settanta per la tutela del patrimonio architettonico nazionale e delle tradizioni russe. Costituita presso il ministero delle Industrie aeronautiche per iniziativa di un fotografo, di un geologo, di un architetto, di un artista e di un bibliotecario, Pamjat’ (memoria) godette sino al 1985 d’uno statuto ufficioso che indusse molti osservatori a sospettare l’esistenza di un legame ambiguo con il KGB. Ma la presunta complicità con i servizi di sicurezza non le impedì di avere una propria ideologia che amalgamava, con qualche opportunistica dichiarazione di lealtà al regime, i caratteri comuni dei due nazionalismi, sovietico e slavofilo, a cui ho fatto cenno più sopra. Era nazionalista e antimodernizzatrice, ma non perdeva occasione per tributare omaggio al regime e adottarne gli slogan. Era sensibile ai valori religiosi della tradizione, ma attenta a utilizzarli per fini

«nazionali», come Stalin durante la «grande guerra patriottica». Proclamava il culto dei grandi eroi della storia russa, ma non dimenticava di esaltare il maresciallo Žukov, conquistatore della Germania nazista. Diverrà «zarista», dopo il declino del regime,



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