Iceberg by Tanguy Viel

Iceberg by Tanguy Viel

autore:Tanguy Viel [Viel, Tanguy]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Neri Pozza
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Un incontro

Nel rileggere le pagine precedenti, mentre vedo sfilare le figure preoccupate che le attraversano, cerco ancora la parola che potrebbe abbracciarle per intero ed esprimere così la passione che le attanaglia. Ma so bene che quella parola non esiste. Sfugge anch’essa, al pari del nucleo scivoloso che cerca di nominare, come se tutti gravitassimo intorno a un nodo nero, cilindrico e sfuggente che va ben al di là del problema della letteratura, la quale però, come un velo della Veronica, non soltanto si accanisce nel fabbricarne l’elocuzione, ma ne propaga l’ombra persino sulle sue creature più innocenti. «Lo spettro attraversa lo spirito» scrive Virginia Woolf, «per uscire dalla finestra prima che noi riusciamo a gettargli del sale sulla coda»62.

Ebbene, ciò che forse dovremmo fare anche noi, se non vogliamo morire per asfissia, è seguirlo all’esterno, questo spettro, uscire dalla finestra e coglierne il riflesso nell’aria cangiante che circola ovunque, fra gli alberi, nelle città e sui volti, dove il pensiero stesso si diffonderà, proprio come in un romanzo di Virginia Woolf, quando l’inquietudine sembrerà depositarsi sui rami degli alberi e il pensiero ricercato nella terra sembrerà offrire, in questa accoglienza fatta dalle cose, una tregua alla ritrattazione.

E così Virginia Woolf nei suoi romanzi ha l’eleganza di affidare alla materia, al cielo del mare come ai marciapiedi delle città, tutti i discorsi dell’anima, e sembra per tale ragione passeggiare nel mondo degli atomi, al di fuori dalle uniche reti dell’introspezione, e come dissolta nel cuore dei fiori.

Virginia Woolf ha questa virtù anglosassone di trattare la materia alla stessa stregua delle cose della mente, di far sì che si fondano in un tutt’uno nel quale lo scambio dei fluidi tra la natura e il pensiero, tra la materia e l’idea avviene nel modo più equo possibile, tanto che se oggi per caso ci avventurassimo nelle strade di Londra, se ci perdessimo nel vecchio quartiere di Mayfair, a volte ci parrebbe di vedere riflessi nelle vetrine lussuose di Old Bond Street gli occhi stanchi di Virginia che indugiano sulle pieghe di un vestito o sulla vetrina di un antiquario, sulle venature di una vecchia credenza oppure ancora, o soprattutto, sull’infiorescenza di un mazzo di fiori. E quando la pioggia disegna per terra mille ragni scintillanti, non si può non vedere dissiparsi, come il riflesso indefinito delle pozzanghere, lo spirito evaporato dalle sue frasi sinuose che depositano sui muri delle città questa sottile e traslucida patina di luce umida e scritturale, che accende dei colori dell’arcobaleno i bordi ramati dei pub e dei negozi di ombrelli.

Si dice che la lingua inglese sia più adatta di quella francese a seguire i contorni del mondo. Si dice che l’inglese sia più concreto, più flessibile, mentre il francese, gravandosi meno del brulichio della realtà, tenderebbe più volentieri all’astrazione. Ma io sono contrario a legare le letterature a un luogo e le lingue alle loro deficienze, e se l’inglese dovesse salvare la letteratura dai crateri che le si aprono davanti tutti lo saprebbero. Del resto, per quanto



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