Il '68 a pedali by Francesco Ricci

Il '68 a pedali by Francesco Ricci

autore:Francesco Ricci [Ricci, Francesco]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2011-12-15T07:53:14+00:00


Gorizia - Tre Cime di Lavaredo

Tappa montagnosa con arrivo in salita alla Cima Coppi (m 2320) di 213 chilometri Partenza ore 9.40

Memorabile. Apocalittica. Pazzesca. In questa tappa drammatica vedo nascere dalla pioggia, dal freddo e dalla neve non un campione, ma un dio. Genesi divina che ammutolisce le montagne, i tornanti, la folla plebea che si allinea sul ciglio della strada. Un dio che spegne gli avversari in un buio di sconfitta atroce. Eddy non è umano, è la reincarnazione di Achille con i talloni (e i garretti) ben a posto, però. E

pensare che la folla stipata sulle rampe delle Tre Cime inizialmente pare delusa dalle notizie che giungono da radio corsa. In avanti c’è un plotone di rincalzi, mentre i big indietro sembra che aspettino giorni migliori. Ma non è così.

Va detto subito che questa non è una tappa come le altre, ma è una tappa disumana.

I corridori giungono sul traguardo simili a larve infreddolite, stravolti dalla fatica e dal gelo, lividi e tremanti. È per tutti una fatica inenarrabile. Forse solo per il divino Eddy si tratta di una passeggiata. Ma per il popolo umano dei corridori, questa è una tappa bestiale. Epica. Travolgente. Durissima. Forse anche perché, per la prima volta nella storia del ciclismo, su una salita così tremenda, nessuno riceve una spinta che è una e ogni corridore si trova solo di fronte alla montagna. Montagna che oggi si mostra agli umani inospitale, dura come la roccia di cui è fatta, implacabile e arcigna.

La montagna sa sorridere e sa essere impietosa nello stesso tempo. Basta un raggio di sole, e sembra dolce come un’amante ben disposta. Ma quando il grigio-nero delle nubi, della nebbia, del gelo la avvolge, sa essere cattiva e feroce. Come solo lei sa essere.

Io amo la montagna. Ma ne ho anche sinceramente paura. La folla ama la montagna. Ma quando lei è così, tutti la trattano con rispetto. La folla ci ama. Ama la nostra fatica, la nostra debolezza di esseri umani che si avvicinano nudi, o quasi, alle altezze divine. Sa che abbiamo il coraggio degli stolti, degli impavidi, degli incoscienti, dei farabutti. Per questo ci ama, la folla. Non è un amore totale per il gruppo. Ma è un amore che si distilla singolarmente, corridore per corridore, primo o ultimo della fila, che si cimenta in siffatte imprese. L’amore è reciproco. Il nostro salire è un atto sessuale. Abbiamo bisogno della presenza degli altri esseri umani che ci assistono nel nostro pellegrinaggio ascensionale. Nell’arrancare sciatto, tornante dopo tornante. Il nostro è un amore libero, senza discriminazioni. È un’orgia diabolica tra uomini, donne e bambini. Siamo uniti in un amplesso ascetico, sabbatico e lievitante in cui tutti vengono accettati: belli e brutti, passisti e scalatori, velocisti e portatori d’acqua. È un amplesso democratico e liberatorio. Il primo viene osannato come l’ultimo della fila. Non ci sono distinzioni né di classe, né di graduatoria.

Questa è l’unica ragione che ci fa sentire Eddy come uno dei nostri. Anche se, razionalmente e dopo



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