Il campione innamorato by Alessandro Cecchi Paone Flavio Pagano

Il campione innamorato by Alessandro Cecchi Paone Flavio Pagano

autore:Alessandro Cecchi Paone, Flavio Pagano [Pagano, Alessandro Cecchi Paone, Flavio]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti Editore
pubblicato: 2012-04-25T22:00:00+00:00


La donna-uomo è un concetto che si perde dietro le quinte del tempo, fino al Codice di Hammurabi (1792 a.C. circa), che cita appunto la salzikrum, la donna-uomo, cui è concesso di contrarre matrimonio con altre donne. Gli antichi, ancora una volta, si rivelano assai più liberali di noi, lugubremente inscatolati nella più alienante e perfida convinzione che esista la «normalità». Forse, semplicemente, hanno un orecchio più sensibile per le cose di natura, capace di cogliere sfumature ormai destinate a sfuggirci. Gli studiosi hanno infatti messo in luce come l’omosessualità fosse una realtà ben presente ancor prima, come testimoniano gli Inni ad Inanna, composti da Enkheduanna intorno al 2300 a.C.

Tra il VII e il VI secolo a.C., la poetessa greca Saffo, nativa dell’isola di Lesbo, dà vita a un canto d’amore immortale, lasciando la sua impronta nella Storia con l’indelebilità più delicata, tale che risalgono fino a lei i termini più usati per l’amore tra donne: «lesbico», appunto, e «saffico». Nello stesso periodo a Sparta – lo ricorda Plutarco – capita non di rado che le donne incontrino «l’amore fra le braccia di altre donne». E più tardi, nel 160 a.C., Luciano di Samosata riferisce, e lo fa con una certa asprezza, delle «donne mascoline». Le hetairistriai, di cui parla anche Platone nel Simposio, diventano le tribadi, dalla voce greca trìbein, «sfregare». Sono gli stessi anni in cui, nella cultura ebraica, Rabbi Eleazar decreta come osceni i rapporti tra donne.

Nel tardo mondo romano le tribadi diventano fricatrix (equivalente del greco trìbein) e, nel libro IX delle Metamorfosi, Ovidio narra la storia di Ifide, fanciulla allevata come un maschio, che si innamora della bella Iante. Ma è soprattutto con il cristallizzarsi del pensiero cristiano che nella cultura occidentale l’amore tra donne diventa «peccato» nel senso in cui ancora oggi molti lo intendono.

Gli unici riferimenti medievali a pratiche di lesbismo appaioni infatti collegati con le conseguenze penali degli stessi, in seguito a condanne per stregoneria o eresia. Anche san Tommaso d’Aquino bolla l’omosessualità femminile fra gli atti contra naturam. E nel Concilio di Rouen del 1214 è emblematicamente fatto divieto alle suore di condividere il medesimo letto (pratica diffusa soprattutto durante i rigori dell’inverno), per evitare di incorrere in pericolose tentazioni.

Sul finire del Cinquecento, l’abate di Brântome, Pierre de Bourdeille, nel suo libro Les dames galantes descrive con abilità l’amore di «donna con donna», divenuto una moda in Francia a seguito dell’inclinazione omosessuale della regina Caterina de’ Medici. Ma anche la regina Cristina di Svezia (1626-1689) è apertamente lesbica, e un’accusa di omosessualità venne rivolta anche a Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena.

Nel secolo dei Lumi, Eleanor Butler e Sarah Ponsonby – le Ladies of Llangollen – fuggono insieme travestite da uomini per convolare a quella che oggi chiameremmo un’unione di fatto. Ma a queste due donne della upper class va bene: sono parte non solo della migliore società, ma anche dell’intellighenzia dell’epoca, e ottengono persino un vitalizio reale.

Nel XIX secolo la nascente psicologia e la sessuologia studiano diffusamente il lesbismo, che viene considerato una perversione patologica alla stregua della pedofilia.



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