Il fuoco dell'anima by Andrea Di Bari Luisa Mandrino

Il fuoco dell'anima by Andrea Di Bari Luisa Mandrino

autore:Andrea Di Bari, Luisa Mandrino [Bari, Andrea Di & Mandrino, Luisa]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Sports & Recreation, Mountaineering, Biography & Autobiography, Sports, General, ebook
ISBN: 9788867003174
Google: 29IWDgAAQBAJ
editore: Corbaccio
pubblicato: 2017-02-21T23:00:00+00:00


In quei giorni, sul numero dell’Appennino di gennaio-febbraio uscì un gran pezzo con una mia foto che mi ritraeva sul tratto chiave della fine del tetto di «Stati di allucinazione». La didascalia parlava di «probabile ottavo grado».

Per me fu pura libidine e la cosa mi diede la carica per continuare. Intensificai i miei rozzi e approssimativi allenamenti nella mia camera per aumentare la forza e trasformarla poi creativamente sui passaggi più duri di Ciampino con Pascal e Giovanni Bassanini, un suo grande amico, un ragazzo più giovane di noi, piccolo di statura, che mi ricordava il figlio di Braccio di Ferro.

Il lavoro da parquettista mi dava un po’ di tranquillità e mi permetteva di gettare le basi per la successiva estate in montagna. Avevo anche trovato un lavoro per i fine settimana, grazie all’amicizia con Cristiano Delisi, come istruttore nei corsi d’arrampicata all’interno della cooperativa La montagna. Già lo facevo al Cai, solo che qui mi pagavano a giornata e per me era davvero il massimo.

Ma i problemi non mancavano.

«Non so come ho fatto a trattenermi», dicevo a Pascal. «So’ sceso dall’R4 sbattendo così forte la portiera che a momenti la ribalto co’ lui dentro.»

Mi riferivo a un nuovo datore di lavoro che mi aveva fatto spaccare in due sul parquet di una villa e poi aveva pure fatto il furbo sul compenso finale.

«‘Salvato’, gli faccio, ‘ma queste sono centomila, avevamo detto trenta al giorno per cinque giorni, me ne devi altre cinquanta.’ E lui: ‘Non sei così bravo come dicevi, quindi te ne do venti.’ ‘Venti? Ma che cazzo stai a di’? Se non ti piaceva come lavoravo me lo dovevi di’ subito il primo giorno. Così m’hai sfruttato una settimana!’ Hai capito, lo stronzo?»

Pascal mi capiva. Lavorava in nero anche lui, nei cantieri, per poche lire.

«Ma tu in Svizzera che facevi?»

«Suonavo.»

«E con chi?» gli chiesi.

«Con diversa gente. Mi sono capitate anche delle belle storie.»

A volte a Ciampino rimanevamo solo io e lui. Parlavamo così tanto che non ci accorgevamo del tempo che passava, che stava diventando buio. Tornavamo sulla strada nelle luci dei fari delle automobili.

«Pochi anni fa», raccontava Pascal, «suonavamo con il mio gruppo, i Neon, con gente molto diversa da quella del mio ambiente. Gente che veniva dall’International School of Ginevra. Tutti ricconi tipo i figli dell’Aga Khan. Io non c’entravo niente con loro, ma avevo il talento, e anche la roba, l’eroina intendo.»

«Ho capito.»

«Facevamo le prove in un locale chiamato: Midnight Rambler, molto di moda. C’era anche Sandro Sursock, figlioccio dell’Aga Khan, con cui suonavo sempre. Un pomeriggio entra un tipo con una donna. Si mettono seduti in un angolo, in ombra. Noi suoniamo, suoniamo e dopo un po’ Sandro porta a questo tipo una chitarra elettrica con un jack. Suoniamo insieme per un bel po’ e dopo più di un’ora mi accorgo che stavamo facendo una jam session con Keith Richards che era lì con la sua compagna di allora, Anita Pallenberg, che poi fece il film Performance con Mick Jagger.»

Rimasi a bocca aperta.

«No...



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