IL GIGANTE DEL NILO - Storia e avventure del Grande BELZONI by Marco Zatterin

IL GIGANTE DEL NILO - Storia e avventure del Grande BELZONI by Marco Zatterin

autore:Marco Zatterin [Zatterin, Marco]
La lingua: ita
Format: epub
editore: il Mulino
pubblicato: 2019-01-14T23:00:00+00:00


Davanti agli scavatori si apriva uno stretto corridoio discendente di trentasette metri. Si addentrarono alla luce delle torce su un terreno aspro, fra pareti incrostate. Al fondo c'era «un grosso macigno il quale turava il passo così esattamente che sembrava ci dovesse togliere ogni speranza di andare oltre». Un esame più attento rivelò che la pietra era alzata di una quindicina di centimetri da terra e pertanto doveva essere possibile spostare l'ostacolo per proseguire l'avanzata. Fu un'opera da titani. Per rimuovere l'intralcio ci volle un altro mese di lavoro, il tunnel era stretto, vi potevano lavorare due operai alla volta. Alla fine la stretta fu liberata. Cinquantadue metri più avanti c'era la camera sepolcrale.

«Io dunque v'entrai e meco il cavaliere Frediani» racconta Giovanni. D'Athanasi scrive che in realtà il primo a infilarsi fu un egiziano molto magro e il secondo fu lui, mentre il padovano dovette attendere che il passaggio fosse abbastanza largo perché il suo grande corpo potesse passarvi. I Viaggi confermano la seconda parte dell'affermazione, e che la prima sia vera o falsa è irrilevante. Oltre il macigno rimosso, Giovanni percorse a fatica i circa cento metri del cunicolo, puntando verso il centro della piramide, là dove pensava fossero celati i segreti e i tesori del faraone. Entrò nella camera funeraria con impazienza, tagliando l'aria immota da secoli. L'odore non era dei migliori, l'ambiente sapeva di muffa e di chiuso; ma al naso inerte di Belzoni non recava alcun disturbo.

«La torcia che rischiarava li miei passi, quantunque bastasse per farmi distinguere i principali oggetti, spargeva un debole lume sopra l'assieme di questa sala. Li miei occhi si portarono naturalmente sull'estremità occidentale del locale, dove m'aspettava di trovare un sarcofago collocato siccome quello della prima piramide, ma ne fu ingannata la mia aspettazione giacché nulla trovai da quella parte. Continuando però ad esaminare l’ovest della camera fui sorpreso gradevolmente dal ritrovamento di un sarcofago seppellito a fior di terra».

Entrò il cavalier Frediani e i due si fermarono a guardare l'immensa bara di granito incassata nei blocchi del pavimento. Era ben levigata all'interno e all'esterno, con scanalature previste per lo scorrimento orizzontale del coperchio che trovarono rotto in due pezzi. Furono sorpresi dall'assenza di geroglifici. Sul suolo vi erano cumuli di terra e pietre disseminate ovunque. Belzoni, che cercava un'iscrizione che potesse far luce sul costruttore della piramide, non prestò attenzione al povero mucchio di ossa mischiate ai detriti sul fondo del sarcofago.

Cominciarono a studiare le pareti del vano regale e a misurare il misurabile con perizia, visto che l'unico errore rilevante fu la lunghezza del sarcofago indicata in otto piedi contro i quasi nove (2 metri e 63 centimetri) della realtà. Il pavimento era cosparso di buchi, testimonianza di antichi scavi condotti alla ricerca di tesori. Un piccolo pozzetto serviva per i vasi canopi. Sotto una delle pietre rimosse fu rinvenuta la testa di un martello di ferro. Molto in su sulla parete si aprivano due bocche di oltre una trentina di centimetri, sbocchi analoghi a quelli della piramide di Cheope.



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