Il liberismo è di sinistra by Alesina Alberto

Il liberismo è di sinistra by Alesina Alberto

autore:Alesina Alberto [Alberto, Alesina]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Political Science, Political Economy
ISBN: 9788865763520
Google: pSdhDwAAQBAJ
editore: Il Saggiatore
pubblicato: 2014-01-13T13:02:21+00:00


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Ridurre la spesa pubblica è di sinistra

Un secolo fa in Europa il settore pubblico costituiva meno del 10 per cento del Pil. Lo Stato spendeva quasi esclusivamente per garantire la sicurezza internazionale e quella interna. Se si tralasciano i periodi bellici, la spesa pubblica rimase relativamente bassa fino agli anni sessanta. Non vi è dubbio che nel 1920, o nel 1950, chiedere che lo Stato garantisse più sostegno ai poveri e stanziasse più fondi per la sicurezza sociale fosse di sinistra. Oggi gli stati dell’Europa continentale spendono (e tassano) per circa il 50 per cento del Pil. È ancora di sinistra chiedere che lo Stato continui a spendere denaro pubblico e opporsi ai tagli della spesa, e quindi a un alleggerimento della pressione fiscale? Secondo noi non lo è.

Guardiamo ai fatti. Il nostro Stato spende il 48,2 per cento del Pil, 4 punti di Pil in più della Gran Bretagna. E tuttavia quando si tratta di aiutare le famiglie è molto meno efficace. In Gran Bretagna, prima dell’intervento di varie forme di assistenza pubblica, le famiglie a rischio di povertà sono 26 su 100; l’intervento dello Stato le riduce a 18. In Italia le famiglie vicine alla soglia di povertà sono un po’ meno, 22 anziché 26 su 100 (dati Eurostat, 2003), ma lo Stato riesce ad aiutarne solo 3. Anche la Francia fa meglio di noi: sposta 6 famiglie su 26. In Svezia lo Stato spende di più: il 56 per cento del Pil, quasi 8 punti in più che in Italia. Ma in Svezia lavorano 8 donne su 10, in Italia meno di 6. Poiché tante donne svedesi lavorano, lo Stato riesce a finanziare uno straordinario livello di spesa pubblica con aliquote relativamente basse: in una famiglia in cui lavorino in due, uomo e donna, a parità di reddito, l’aliquota sui redditi della donna (in regime di tassazione separata) è pari al 28 per cento: in Italia è il 39 per cento (dati Ocse, 2001).

Dove finisce allora tutto il denaro che spendono le nostre amministrazioni pubbliche, se non aiuta i poveri e disincentiva il lavoro delle donne con aliquote troppo alte, che non le motivano a entrare e rimanere nel mercato del lavoro?

In Italia la maggior parte della spesa se ne va per pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici e per le pensioni. È impossibile pensare di poterla ridurre senza «toccare» questi due beneficiari principali. E infatti la sinistra conservatrice insorge non appena si sfiora l’argomento, accusando chi propone tagli di spesa in questi settori di essere un «macellaio sociale» (espressione pessima, ma che non abbiamo coniato noi), affamato di liberismo estremo. È una posizione con la quale evidentemente non siamo per nulla d’accordo.

Cominciamo dai dipendenti pubblici: 3,5 milioni, il 15 per cento di tutti i lavoratori. Passandoli in rassegna si scopre che quelli che lavorano negli ospedali, nella polizia, nelle forze armate, nell’amministrazione della giustizia (comprese le carceri), nelle scuole e nelle università sono solo 76 ogni 100. Gli altri 24 sono impiegati altrove, in nessuna di queste attività essenziali.



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