Il luogo dell'altro by Michel de Certeau

Il luogo dell'altro by Michel de Certeau

autore:Michel de Certeau [Certeau, Michel de]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Jaca Book
pubblicato: 2020-02-15T00:00:00+00:00


Retorica e spiritualità

L’«umanesimo devoto» è il prodotto di una tecnica: la retorica. L’abbondante letteratura che Bremond ha designato in questo modo mette in scena i principi e gli effetti di questa pratica31. La retorica gesuita si è precisata in tre grandi tappe: l’introduzione del «modus parisiensis» nel collegio pilota di Messina (1548); il De arte rhetorica di Cipriano Soares (1562); la Ratio studiorum (1599) le cui prescrizioni vengono osservate fedelmente in Francia fino al 166032.

La retorica distingue res (i significati: quae significantur) e verba (i significanti: quae significant), e ne precisa con regole (praecepta) le combinazioni possibili. Infatti, le res (che l’eruditio raccoglie) sono destinate a fornire un materiale di «argomenti», «luoghi» e «idee». I verba permettono di trattare questi argomenti secondo procedimenti che generano «stili» e dipendono dall’elocutio. Il sistema presuppone una verità peraltro data. La retorica la arricchisce soltanto di conoscenze oggettive (res) e la illustra grazie a un’arte di parlare (le artes dictaminis). Essa diviene una «scienza dell’ornamento». Il suo obiettivo è produrre effetti di stile (per esempio una «maniera nobile») che mirano a produrre dei sentimenti (amore, rispetto, ecc.) nei destinatari. È una tecnica di persuasione.

Louis Richeome lo spiega molto bene: «È una cosa umanamente divina e divinamente umana saper degnamente trattare un argomento con ingegno e lingua…, disporre i propri pensieri con ordine sapiente, rivestirli di ricco linguaggio…, piantare nuove opinioni e nuovi desideri nei cuori e strappare via quelli vecchi, commuovere e piegare volontà rigide… e vittoriosamente persuadere e dissuadere ciò che si vuole»33.

Fin dal tempo di Messina34, la retorica è sconnessa dalla logica e dalla dialettica. Le verità cristiane sono un preambolo, tratto fuori dai rischi di un linguaggio alla fin fine dubbioso. Non c’è nessuna vera teoria del significato. Tra i teologi gesuiti, a una dottrina della verità si sostituisce allora un «moralismo»35. Risorge nell’umanesimo devoto. La verità su cui si appoggia la retorica gli è esterna. È investita nella pratica e garantita dalle regole ad pietatem et bonos mores, risorsa e norma intime della vita religiosa o secolare. Significata da un’organizzazione delle azioni e dell’affettività (opera e affectus), la verità viene custodita qui, all’interno, da un insieme di pratiche. Anche le operazioni retoriche hanno per fine la produzione all’esterno, nei lettori o negli ascoltatori, di condotte e di devozione (mores e pietas) analoghe a quelle che servono loro di appoggio. La letteratura devota non può essere considerata isolatamente; questa parte «retorica» implica un’altra metà interna a quella e ascetica. Una rigida «disciplina» condiziona la «perfezione di eloquenza» di cui Richeome fa l’elogio.

Il sistema ripete la struttura contemporanea della Compagnia. In realtà combina due «maniere di fare»: la regolamentazione dell’agire e la costruzione di un linguaggio. Ma la prima è rigida, perché riguarda e «mantiene» il luogo della verità. La seconda può essere docile, perché svolge una funzione strumentale e tecnica; adegua le procedure letterarie al tipo di destinatario che si vuole raggiungere. Da questo punto di vista, in questa letteratura devota in cui compaiono Louis Richeome (1544-1625), Étienne Binet (1569-1639), Jean Suffren (1571-1641), Paul de Barry (1587-1661), ecc.



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