Il Palpa. Il più forte di tutti by Roberto Palpacelli

Il Palpa. Il più forte di tutti by Roberto Palpacelli

autore:Roberto Palpacelli [Palpacelli, Roberto]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Biography & Autobiography, Sports
ISBN: 9788858695395
editore: Rizzoli
pubblicato: 2019-02-04T23:00:00+00:00


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«Questo non me lo puoi chiedere»

Roberto

Tutto ciò che iniziava con “scuola” mi faceva venire l’orticaria, ma la Scuola nazionale maestri poteva diventare il mio salvagente. A ventiquattro anni, il mio unico mestiere era fare il balordo. Volevo provare a prendere quel diplomino, darmi una regolata e, magari, iniziare a lavorare seriamente in un circolo. O almeno lo volevo nei momenti di lucidità, prima che la droga prendesse il sopravvento.

In quel periodo il centro di preparazione era alle Tre Fontane, a Roma; il direttore tecnico era Antonio Rasicci, una specie di colonnello dei reparti speciali con la pettorina. A chi frequentava il corso, a differenza di quanto accade oggi che è a pagamento, davano addirittura una borsa di studio: 850.000 lire al mese, più o meno quattrocento euro di rimborso spese. Le lezioni si tenevano dal lunedì al venerdì: al mattino, tecnica in campo o insegnamenti in aula; al pomeriggio, scuola tennis. Ci portavano dei ragazzi dai circoli e noi, come tirocinio, facevamo pratica su come si insegna il tennis ai giovani.

Tutto andò bene, almeno all’inizio. Il provino a maggio, l’entrata in graduatoria, l’inizio della scuola a settembre. Del resto ero classificato B1, il che mi garantiva un punteggio privilegiato: non c’erano stati problemi per l’accesso. Mi ero affittato un appartamento all’Eur, sulla Cristoforo Colombo, insieme a tre ragazzi della scuola: Raffaele Mordocco, un B1 di Milano, Alessandro Arena, che veniva da Ferrara, e Massimiliano Tonioni, che poi sarebbe finito a insegnare tennis a Panama. Il primo giorno di lezione mi sistemai nel primo banco. Pessima idea. Rasicci notò subito la mia coda di cavallo e mi cacciò via dall’aula con mezza giornata di permesso, per andare a farmi tagliare i capelli. Come al militare.

Dopo il primo weekend trascorso a San Benedetto, tornai a Roma col solito bagaglio extra per gestire i momenti di tristezza. A me sembrava, tutto sommato, di riuscire a nascondere il mio stato fisico e mentale quando ero a scuola, in fondo non saltavo le lezioni e mi reggevo in piedi senza barcollare. Invece non era così: avevo le pupille dilatate, biascicavo, alzavo il tono di voce senza rendermene conto. Insomma, tutti si accorsero delle mie condizioni. Per giunta il mio amico Tommaso Castelli, che era iscritto alla scuola nello stesso anno, mi venne a dire che qualcuno stava facendo la spia, raccontava agli insegnanti quello che facevo a casa.

Anche in campo capitava che attirassi l’attenzione in maniera poco edificante. Un giorno arrivò al centro sportivo una gazzella dei carabinieri. Erano stati chiamati da alcuni uomini terrorizzati che stavano guardando Roma dall’alto della ruota panoramica dell’Eur. «Ci hanno avvertito» raccontò il maresciallo ai responsabili del centro «che alcune persone sono state colpite da oggetti sferici. Li hanno trovati per terra e ce li hanno portati, sono palline da tennis. Non so come sia possibile, vista la distanza, ma evidentemente c’è qualcuno che si sta divertendo a prendere a pallate la ruota panoramica.»

Il 23 dicembre del 1994, l’ultimo giorno prima della pausa invernale, uno dei responsabili del centro



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