il ponte dei delitti di Venezia by Matteo Strukul

il ponte dei delitti di Venezia by Matteo Strukul

autore:Matteo Strukul [Matteo Strukul]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton Editori
pubblicato: 2023-04-14T22:00:00+00:00


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Peter Plogojowitz

Antonio e Joseph Smith erano immersi nella ricerca. Il capitano Dragan Janković li stava aiutando a orientarsi fra i numerosi resoconti di ufficiali imperiali, medici e archiatri di corte: erano quasi tutti scritti in tedesco, ungherese e serbo. Per loro fortuna, il capitano era madrelingua serba e profondo conoscitore delle altre due lingue. Quello che appresero fu oltremodo interessante. Per quanto, per certi versi, incredibile. Quei rapporti, nelle mani sbagliate, avrebbero potuto sprofondare la città in una vera e propria epidemia di follia.

Dalla cartella di pelle, il capitano Janković trasse alcuni fogli: recavano lo stemma imperiale. Si schiarì la gola e cominciò a tradurre in veneziano a vantaggio dei suoi due interlocutori: «Il mio nome è Klaus Frombald e sono l’ufficiale imperiale competente per il mandamento di Gradisch. Nel 1925, venni contattato dal parroco del villaggio di Kisilova, al confine fra Serbia e Ungheria. A suo dire, e anche secondo gli abitanti, uno dei suoi compaesani, tale Peter Plogojowitz, morto qualche tempo prima, era tornato dalla tomba in un giorno d’inverno. Apparso di notte a certi suoi conoscenti mentre dormivano, si era gettato su di loro, mordendoli alla gola talmente a fondo e a lungo che, in meno di un giorno, li aveva dissanguati, svuotandoli come vasi prima ricolmi. Erano morti fra atroci tormenti. Secondo quanto raccontato dal parroco, in otto giorni, nove persone, giovani e vecchi, donne e uomini, erano perite una dopo l’altra. Quando giunsi a Kisilova, la stessa vedova Plogojowitz, sua moglie, mi confessò che Peter, dopo essere morto, era venuto a domandarle le scarpe. Ne fu talmente terrorizzata che non esitò ad abbandonare il villaggio, rifugiandosi altrove».

Qui il capitano Janković si fermò un istante e Antonio ne approfittò per osservare: «Somiglia molto ai fatti che ci ha raccontato il colonnello». L’ufficiale annuì, imitato da Joseph Smith, il quale aggiunse: «Sembra quasi la medesima storia. Mi domando se non si tratti di un fenomeno di pazzia collettiva».

«Aspettate», disse il capitano Janković e su quell’affermazione riprese la traduzione. «I fatti avvenuti facevano temere gli abitanti del villaggio per la propria esistenza. Ripetevano quasi ossessivamente la parola Vukodlak e insistevano affinché si provvedesse a dissotterrare il cadavere. Sostenevano che l’unico modo per fermare quel bagno di sangue fosse bruciare il cadavere di Plogojowitz. Insieme al parroco, monsignor Ratko Radović, ci opponemmo a una simile barbarie ma gli abitanti protestarono con foga e sincero terrore, dichiarando che se non fosse stato loro concesso di riesumare il cadavere e bruciarlo, avrebbero abbandonato le loro case e, fuggendo altrove, avrebbero avvertito gli abitanti degli altri villaggi che a Kisilova era presente un Vukodlak assetato di sangue e che ben presto sarebbe giunto anche da loro. Dal momento che non vollero sentire ragioni di sorta e che parevano del tutto indifferenti a minacce o accomodamenti, decisi insieme al parroco Radović di scoperchiare la tomba di Peter Plogojowitz. Quello che trovammo mi lasciò senza parole, al punto che oggi dico: per quanto possa sembrare spaventoso, temo che questo fenomeno rischi di essere molto più reale di quanto crediamo».



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