Il sangue d'Europa. by Giaime Pintor

Il sangue d'Europa. by Giaime Pintor

autore:Giaime Pintor
La lingua: ita
Format: mobi, epub
pubblicato: 2014-01-29T23:00:00+00:00


XXIII. Il mondo offeso Scrittori a Weimar.

«A nome del suo presidente Hans Carossa ho l’onore di invitarvi al Convegno dell’Unione degli scrittori europei che avrà luogo a Weimar dal 7 all’11 ottobre». Seguivano a queste parole frasi di circostanza, promesse di vita facile e la firma di un funzionario dell’Ambasciata tedesca. Poco dopo arrivò un biglietto di Vittorini che era stato invitato anche lui e questa presenza di un amico mi mise di buon umore; mandai un corretto telegramma di ringraziamento e preparai le valige.

La Germania è solenne quando si arriva dal Brennero la mattina: i prati sono freschi e le montagne imminenti, contadine lavorano curve sulla terra e i vecchi sono immobili accanto alle loro case aguzze. Qualche prigioniero si intravede lungo i binari e alle stazioni salgono giovani soldati, ma non entrano nel paesaggio inumano della montagna e nulla ricorda il respiro affannoso e l’ansia precoce di altri paesi in guerra. Anche a Monaco poco era mutato dalle ultime volte: soltanto qualche vetrina era sostituita da parti di legno, segno probabile della incursione inglese, e su quelle ancora rotte una scritta annunziava con brevità tedesca: «Wer plündert wird erschossen» (Chi rapina è ucciso).

Poi venne la Franconia calma e deserta, i tetti di Norimberga sotto il sole e le piccole stazioni popolate di donne. Solo la sera la terra diventò «nigra», quando il treno entrò in Turingia in mezzo alle foreste e si avvicinarono le città dai nomi claustrali, Bebra, Fulda, Apolda. Bisognò allora cambiare in piccole stazioni e io caddi cercando di prendere il treno in corsa; peregrinai per Jena in un buio terribile alla ricerca dell’Orso nero, e finalmente mi addormentai fra le braccia dello stesso Orso nero, rimandando al giorno dopo l'ultimo breve tragitto.

La prima sorpresa la mattina furono le facce familiari e assonnate degli italiani: Cecchi, Baldini e Falqui che aspettavano allo stesso binario, accompagnati da un inviato del Ministero della Propaganda tedesco. Il barone Von Hutten, discendente dell’umanista e uomo compitissimo e spiritoso, fu per tutto il nostro soggiorno un tutore estremamente sollecito del nostro benessere. Quel giorno dovette subito placare un piccolo incidente con un signore di aspetto professorale che non voleva riconoscere il nostro diritto allo scompartimento riservato e protestava, in lingua aulica. Alla minaccia di fare intervenire gli agenti costui si alzò pronunciando con dignità la frase: «Cedo alla violenza», e Cecchi insistette per portarlo con noi a Weimar e presentarlo al congresso, ma la severità e l'ordine del convegno non l'avrebbero tollerato.

Di quell’ordine severo e esemplare riconoscemmo i primi segni quando, arrivati all’Albergo dell’Elefante, luogo già famoso in tempi parlamentari e ora rinnovato per i fasti nazionalsocialisti, ci buttarono addosso marchi, tagliandi per il vitto, programmi, biglietti d'ingresso e carte per il fumo. Restava appena il tempo per farsi la barba e poi Cecchi dovette pronunciare un discorso sullo stato della presente letteratura in Italia. Disse cose intelligenti con voce sommessa e affrettata e il semicerchio degli ospiti riuniti nella Sala del Camino si mosse concorde ad applaudirlo. Avevamo tanta gente intorno a noi che era difficile riconoscere con chi si aveva a che fare.



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