Il sasso dentro by Ivan Della Mea

Il sasso dentro by Ivan Della Mea

autore:Ivan Della Mea [Mea, Ivan Della]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Giallistica
ISBN: 8835600235
editore: Interno Giallo
pubblicato: 1990-05-01T22:00:00+00:00


CAPITOLO 12

Al Battigia di Via Marcona si mangia solo pesce: antipasti, primi e secondi; frutta no; non c’è, non ancora nonostante le ricerche e le fantasie biogenetiche, un pescemela o un pesceuva, e nemmeno, che si sappia, un pescecaco; ci sono i frutti di mare, ma sarebbe una forzatura proporli a fine pasto. I vini sono acconci, bianchi per lo più, per lo più secchi fresco-cantina. Anche i prezzi sono acconci e ben si armonizzano con la clientela che frequenta il ristorante.

L’atmosfera si rifà al ceto pagante. Per ottantamila, centomila ad personam, coperto iva mance incluse, è d’uopo il sussurro sommesso, la conversazione fra bocconi garbati. Gesti e parole devono avere una piccola eleganza, un’educazione non affettata: è particolarmente apprezzata una sorta di leggero distacco, molto naturale, molto bon ton, giusto quello di gente avvezza, adusa a simili piatti in simili ambienti per simili prezzi.

Monica Langer e Nita Marzano siedono a un tavolo per due. Luce discreta di opaline fine Ottocento francese, stelo di cristallo con rosa rossa, posate d’argentana massiccia e lustra, tovaglia e tovaglioli con monogramma B per Battigia ricamato al tombolo, bianco di refe sul grigio-perla del lino crudo. Il tavolo è appartato, in un angolo molto discreto, e prende ulteriore luce dall’acquario delle aragoste.

Fritto misto di totani, calamaretti e seppioline per Monica; branzino alla griglia per Nita. Mangiano con l’attenzione che la qualità impone: composte, diritte sulle spalle, l’uso delle posate è proprio e dice l’educazione, il garbo, l’eleganza d’un saper stare non affettato, non esibito, naturale per conoscenza acquisita. Gilberto Grappiolo, savonese, cinquant’anni ben messi, chef e padrone, faccia rugosa di ligure arguto, piccolo, nero di capelli e d’occhi, le osserva compiaciuto dall’uscio che dà nella cucina. Sorride. Si avvicina al tavolo di Monica e Nita con passetti nervosi.

— Tutto bene, Nita? — chiede, e la confidenza data dalla conoscenza si spinge fino alla destra poggiata sulla spalla della donna.

— Come sempre, Gilberto — risponde Nita. — E come sempre sto ancora aspettando la tua ricetta per le sogliole in gratella.

— Ah, Nita, Nita — sospira Grappiolo — se dovessi dare una ricetta a ogni cliente che me la chiede potrei chiudere il locale. Sai com’è — scherza — stando a Milano si diventa milanesi. Ho imparato un detto: offellée fa el tò mestée, a senso sta per chi vuol fare l’altrui mestiere fa la zuppa nel paniere. Bello, vero? Rende l’idea. E c’è l’altro: impara l’arte e mettila da parte. Ma Gilberto Grappiolo è grande e tu sei un’amica. Io non scrivo, dico. Ricordare è affar tuo. D’accordo?

— D’accordo — sorride Nita.

— Allora: sogliole in gratella… io preferisco il rombo, carne simile, ma più delicata. Pulito il pesce, lavalo e asciugalo. Poi lo spalmi con lardo fresco, lo spolveri con sale e pepe e lo involti nel pan grattato. In un tegamino sciogli a parte un po’ di lardo. Un’avvertenza: se la sogliola è grossa va spellata. Ora metti la sogliola o il rombo sulla gratella a fuoco medio di legna, l’olivo sarebbe il più indicato e… Ma tu ce l’hai una gratella? A legna, s’intende.



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