Il teatro certamente by Andrea Camilleri;

Il teatro certamente by Andrea Camilleri;

autore:Andrea Camilleri; [Camilleri, Andrea]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788838945762
editore: edigita
pubblicato: 2023-07-26T22:00:00+00:00


Capitolo sesto

Il paradosso della carta:

La concessione del telefono, 2005

La concessione del telefono debuttò l’8 novembre del 2005 alla Sala Verga del Teatro Stabile di Catania come novità assoluta (così come era stato per Il birraio) e con la mia regia. A firmare la scenografia fu Antonio Fiorentino, Angela Gallaro i costumi, Massimiliano Pace le musiche. Nei ruoli principali autentici beniamini del pubblico: Francesco Paolantoni, Tuccio Musumeci, Pippo Pattavina, Marcello Perracchio, insieme a Alessandra Costanzo, Pietro Montandon, Gian Paolo Poddighe, Angelo Tosto.

Anche questo spettacolo ebbe una vita lunga e felice impegnandosi in una tournée di oltre due anni. Fu ripreso sempre a Catania nel 2013, con un debutto estivo nella Corte «Mariella Lo Giudice» al Palazzo della Cultura di Catania. Rispetto al Birraio, questo testo ci diede più filo da torcere perché ne sfornammo ben nove versioni prima di licenziarlo per la scena.

DIPASQUALE: La concessione del telefono fu la nostra seconda avventura sulla linea delle trasposizioni dai tuoi romanzi al teatro. La ripenso come una prova difficilissima ma entusiasmante. Se ricordi facemmo nove stesure prima di licenziare quella che ci sembrava più giusta per iniziare le prove. E nel corso degli anni il testo è cambiato ulteriormente.

CAMILLERI: Me lo ricordo bene: nell’edizione teatrale dovemmo scontrarci con il tentativo di trasformare le cose scritte in cose dette. Nel romanzo le avevo divise naturalmente in «cose scritte» e «cose dette». Sulla pagina cartacea mi sono potuto sbilanciare a dare il senso di tutto quello che è il formalismo burocratico di una situazione paradossale (l’imposizione dello Stato, per esempio). Nelle cose dette, invece, si può parlare con una maggiore licenza, e quindi il dialogo è più diretto, più spontaneo e più vero. A teatro, abbiamo cercato un modo per far coesistere questi due momenti, ma sapevamo bene che per adattare un romanzo alla scena teatrale, lo spostamento di piani è inevitabile, direi indispensabile. Credo che in questo tipo di operazioni si perda sempre qualcosa, ma che qualcosa d’altro comunque si guadagni. L’essenziale è non snaturare, ma lasciare intatto lo spirito del romanzo.

Devo confessarti che i tuoi romanzi sono particolari da portare a teatro: da una parte ti aiuta la parola dei personaggi, che si adatta bene ai copioni. Dall’altra il plot è molto aggrovigliato, e presenta diversi ostacoli nell’adattamento. E poi qui c’era da risolvere in primis il tema della burocrazia. Non dovevamo correre il rischio, poiché era depositato molto nelle «cose scritte», né di ripeterlo pedissequamente né di saltarlo a piè pari non tentando di farne azione teatrale.

Come ho già scritto più volte l’idea del romanzo nasceva nel 1995, quando trovai un decreto ministeriale di fine Ottocento di una linea telefonica privata. Per avere la licenza occorreva adempiere a una tale quantità di assurdi obblighi burocratici, che mi è venuta subito la voglia di scrivere una storia. Il povero Filippo Genuardi resta stritolato dal meccanismo burocratico, dal quale cerca di uscire in qualche modo, coinvolgendo mafia, chiesa, autorità costituite.

Il rischio maggiore stava nella banalizzazione possibile nel passaggio dalla carta alla scena.



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