Piccoli personaggi, grandi incanti: Maria Signorelli, il teatro di figura e il suo Novecento by Giuseppina Volpicelli

Piccoli personaggi, grandi incanti: Maria Signorelli, il teatro di figura e il suo Novecento by Giuseppina Volpicelli

autore:Giuseppina Volpicelli [Volpicelli, Giuseppina]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti


I burattini e la didattica

Il suo coraggio d’intraprendere l’attività di insegnamento è merito di mio padre professore di pedagogia, con il quale per tutta la vita ha condiviso progetti, invenzioni e interessi. Nell’Archivio si conserva un articolo di Carlo Piantoni, insegnante e scrittore (penso sia stato un allievo di mio padre), dedicato alla scoperta dei burattini di Maria Signorelli da parte di un gruppo di contadini di Grottamurella, arrivati a Roma con i figli:

Erano partiti dal borgo umbro col vestito della festa, la bottiglia del vino e i polli arrosto incartati in valigie di cartone legate con lo spago ed erano saliti ansiosi sul torpedone per andare in quella città degli anni lontani del viaggio di nozze o del servizio militare che qualcuno ricordava ancora con sapore quasi di leggenda.

Appena entrati in teatro, gli uomini si sono levati il cappello con un gesto pieno di rispettoso timore, come poco prima quando nel bar pieno di specchi e cristalli, alzando la tazzina del caffè come un bicchiere, avevano brindato alla salute del sor maé. In programma Cenerentola e, quando i burattini sono apparsi, cominciando a muoversi e a parlare, i volti dei grottamurellani grandi e piccoli non si sono più staccati dalla scena: hanno tribolato, hanno riso, hanno gridato. Proprio così: tutti hanno voluto gridare, parlare, mettersi in contatto con quei personaggi di cartapesta che «sembravano cristiani veri, perché ogni poco uscivano fuori con un altro vestito». Quegli uomini dai volti cotti dal sole avevano ritrovato se stessi; erano ridivenuti i contadini gioviali e arguti dell’osteria, gli ascoltatori nella fiera alle vicende offerte dal cantastorie. «Io, sor maé, me diverto tanto benché non son più filija», mi diceva la madre di Gianni. La fiaba, infatti, ritrovava echi nascosti, radici profonde nell’anima della gente del popolo. Adulti e bambini si sono rispecchiati insieme nel mondo della favola, gustando lo scorrere di una vita semplice. Il tocco della bacchetta magica è posto quasi sempre in una luce di giustizia, perché arriva a riparare torti e ingiustizie.

Questa gente semplice che ha una morale istintiva si è trovata sulla scena accanto ai burattini a esprimere il trionfo della bontà e della modestia di Cenerentola sull’invidia della matrigna e delle sorellastre, avvertendovi un senso di rivalsa sugli antichi torti subiti…

I burattini con i loro occhi scintillanti, le vesti e le scene ubbidiscono a un criterio di semplificazione che produce un’intensa carica emotiva. Non rimangono anonimi, ognuno ha un’identità così precisa che non lascia possibilità di dubbi: i caratteri delle sorellastre invidiose, della Cenerentola modesta, del gatto vendicatore, del principe innamorato sono stati spinti all’eccesso, permettendo allo spettatore di identificarsi con i protagonisti.

Osservando il bambino nel gioco, notiamo che poche sedie rovesciate bastano a creare un treno e alcuni bastoni e qualche straccio la regina o la strega, appunto perché nel gioco gli elementi rispondono al concetto di indispensabilità, il “non tutto espresso” è più efficace del “tutto espresso”, perché arriva a determinare la partecipazione della fantasia e, nel caso del teatro, la trasposizione dello spettatore sulla scena.



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