Il Vittorioso by Stefano Lorenzetto & Vittorio Feltri

Il Vittorioso by Stefano Lorenzetto & Vittorio Feltri

autore:Stefano Lorenzetto & Vittorio Feltri [Lorenzetto, Stefano & Feltri, Vittorio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Biografie e Autobiografie, Editoria e Giornalismo, Generica
ISBN: 9788831731843
Google: TfWWgL8wodEC
editore: Marsilio
pubblicato: 2010-11-29T23:00:00+00:00


SCRITTORI, SCRIBI, FARISEI

Il fantasma di Oriana Fallaci, i sette fratelli Rossella

Parliamo di colleghi. Oriana Fallaci ti voleva bene. Un anno prima che morisse, su Libero lanciasti una petizione affinché il presidente della Repubblica la nominasse senatrice a vita: raccogliesti più di 75.000 firme. Fosti fra i pochi a schierarti con lei quando, dopo gli attentati del 2001 alle Torri gemelle, pubblicò La rabbia e l’orgoglio e prim’ancora, da direttore dell’Europeo, prendesti le difese del suo romanzo Insciallah, massacrato dalla critica.

«Non sono un critico letterario e farò di tutto per non diventarlo. Semplicemente avevo scorto nell’antifallacismo lo stesso seme da cui è germogliato l’antiberlusconismo, cioè un ostracismo ideologico preventivo, anche un po’ antropologico, alimentato da un’invidia accanita dei nostri colleghi per il successo di Oriana. Perché non è vero che il successo rende simpatici, come diceva Enzo Biagi citando Charlie Chaplin: rende odiosi, ti procura legioni di nemici che vorrebbero solo vederti cadavere. A me la Fallaci piaceva da morire, per quello che scriveva e per come lo scriveva. Il suo libro che ho amato di più è stato Lettera a un bambino mai nato. Avevo 18 anni quando lessi Il sesso inutile, un reportage sulla condizione della donna nel mondo, specialmente in Oriente, che fu il suo primo best seller. Eppure tutti mi parlavano malissimo di lei».

E siccome d’istinto sei portato a schierarti contro tutti...

«Ne presi le difese sull’Europeo. Oriana mi telefonò dagli Stati Uniti per ringraziarmi. Mi parlò malissimo dei suoi detrattori, dipingendomeli come un branco di immense teste di cazzo. Era rimasta molto impressionata dal fatto che avessi resistito per due mesi a uno sciopero della redazione di quello che era stato il suo settimanale. “Ho il sospetto che te tu ci abbia ’oglioni”, mi disse in fiorentino. Ogni volta che tornava in Italia, andavamo a cena da Alfredo in via Senato. Abbiamo avuto anche liti terrificanti e scambi di lettere brutali. Ma alla fine siamo sempre rimasti amici. Quando, prima di morire, volle stare per qualche giorno a Milano anche per sistemare i suoi affari con la Rizzoli, le cedetti casa mia. Ci rimase per una settimana».

Sei stato molto premuroso.

«Avrebbe voluto che fossi io ad assisterla nelle sue beghe con l’editore, ma io le dicevo: scusa Oriana, non sono mica un avvocato, come faccio? Stava malissimo e non voleva andare in albergo per non essere importunata. Così le misi a disposizione il mio appartamento di piazza Duse e mi trasferii provvisoriamente in una mansarda nello stesso palazzo. Ha dormito nel mio letto. Nei divani mi ha lasciato per ricordo qualche bruciatura di sigaretta, perché, nonostante il tumore al polmone, continuava a fumare come una forsennata. Compiva gli anni quattro giorni dopo di me. Per il suo ultimo compleanno, il 29 giugno 2006, le portai una bottiglia di Dom Pérignon ghiacciato. Non riconobbi neppure casa mia. Entrai in punta di piedi, mi pareva di disturbare. Due mesi e mezzo dopo quel brindisi era già morta».

Che triste.

«Qualche volta le piaceva uscire, ma ormai si reggeva in piedi a fatica. Allora la accompagnavo a passeggio.



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